Esclusiva-Zoff: "L'esonero di De Rossi? Nello sport ci sono i numeri"

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Dino Zoff, ex ct azzurro, nonché unico campione d’Europa e del mondo con la Nazionale italiana, ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine commentando alcuni temi d’attualità del campionato e non solo.

Zoff – Fonte immagine: Canale25, Youtube

Tra le squadre italiane, oggi quella che appare perlomeno come più attrezzata è l'Inter campione d'Italia in carica. Lei ritiene che ci siano le basi per aprire un ciclo vincente come fu quello della Juve dello scorso decennio o ci troviamo in una fase in cui lo Scudetto cambierà continuamente padrone come accaduto negli ultimi campionati?

Vista così la fase dell’Inter è veramente buona. Naturalmente tutto è sempre possibile, però la base positiva c’è tutto, ecco. La rosa è completa e direi che le prospettive sono comunque positive.

Da qualche anno a questa parte si denuncia spesso la penuria di attaccanti italiani di spessore. Nel recente passato uno dei bomber europei più in vista come Ciro Immobile, che per un motivo o per l'altro ha però subito sempre diverse critiche, ha finito con l’espatriare. Vederlo oggi nel campionato turco, lontano dalla Serie A e dalla nazionale, è una sconfitta per il calcio italiano?

Beh, no. Non è una sconfitta in quanto Immobile certamente è un grande attaccante e lo è stato comunque, ecco. Direi che le prospettive vanno avanti. Insomma, ha fatto certamente cose straordinarie, però ci aspettiamo qualche altro giovane.

Lei pensa che la Lazio degli ultimi anni fosse diventata magari un po’ troppo dipendente da Immobile e che oggi senza di lui possa iniziare un nuovo ciclo?

No, non credo perché la Lazio è sempre stata una vera squadra. Certo, Immobile dava l’impronta come tutti i grandi goleador. Certamente la sua parte l’ha fatta alla grande.

Nella prossima giornata di campionato si giocherà Juventus-Napoli: da doppio ex, che effetto Le fa vedere un simbolo bianconero come Antonio Conte sulla panchina azzurra?

Beh, i tempi passano. Sono passati anni, loro sono professionisti e ci si sposta anche per necessità, per obbligo o per tante cose, e quindi si dà tutto.

Nelle ultime ore si è fatto un gran parlare dell'esonero di Daniele De Rossi sulla panchina della Roma. La piazza giallorossa è divisa tra chi sostiene la bandiera e chi guarda ai risultati poco esaltanti. Secondo Lei i vecchi simboli di una squadra dovrebbero godere comunque di maggiore considerazione quando rivestono altri ruoli?

Beh, io credo che comunque quando arrivano figure come De Rossi abbiano già una buona considerazione. Poi dopo ci sono i numeri, come in tutto lo sport…

La sensazione generale è che oggi i valori della signorilità stiano man mano scemando, soprattutto nel calcio. Oggi tra social e piattaforme di streaming si assiste spesso ad episodi censurabili che magari non era nemmeno possibile concepire o accettare prima del boom di internet, con il buonsenso che viene sacrificato sull'altare dell'esibizionismo. C'è il timore che nelle prossime generazioni il mondo del pallone possa smarrire del tutto la sua forma ed eleganza?

No, non sono d’accordo. I social parlano di tutto, quindi il calcio è un argomento come tanti altri. I social sono molto presenti e la comunicazione è molto forte adesso, però la prerogativa del calcio è che è sempre uno sport. Vince chi è in grado di vincere. Certamente, chi ha possibilità finanziare di acquisire grandi calciatori ha più possibilità di vincere, ma questa è una vecchia regola del mondo. Non cambia adesso. Forse oggi c’è più visibilità e questo può portare a certi comportamenti, ma ai miei tempi c’erano comportamenti molto più pesanti. Adesso qualsiasi comportamento è esagerato nell’ambito mediatico, questo sì. Probabilmente i social contribuiscono a questo. Però non credo che siano superiori ad altri tempi. Parlo del periodo dagli anni ’60 in poi, ho passato guerre molto più pesanti di quelle di adesso, che basta una parola per scatenare un inferno. Di parole, però. Di parole.

Per concludere, un Suo ricordo di Totò Schillaci, che approdò alla Juventus proprio quando c'era Lei in panchina.

Sì, ho avuto sempre una grande considerazione. Di fatti l’ho sempre apprezzato e subito con me ha fatto il titolare ed è diventato capocannoniere al Mondiale. Ho cercato di metterlo nelle migliori condizioni perché era un uomo che valeva. Direi che ha fatto quello che era giusto che facesse perché aveva grandi possibilità. Comunque c’è un ricordo veramente pesante per questa sconfitta, a 59 anni…

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