Marco Reus e il prezzo della lealtà

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A fine stagione, la bandiera del Borussia Dortmund lascerà il club che è stato la sua vita dentro e fuori dal campo, ma c’è ancora il sogno Champions a cui restare aggrappati 

Nel calcio moderno tante variabili possono incidere in positivo o in negativo sulla carriera di un giocatore. Ci si può appellare al caso, alla sfortuna, al destino avverso, ma in certe situazioni è lecito pensare che, con un po’ più di buona sorte, le cose sarebbero potute andare diversamente. Se pensiamo ai calciatori di talento che sono passati in Europa in questi ultimi anni, è difficile trovarne uno più in credito verso la dea bendata di Marco Reus

Nato nel 1989 e cresciuto col Borussia Dortmund nel cuore, Reus entra nel settore giovanile dei gialloneri all’età di 7 anni e ci esce da quasi maggiorenne, nel 2006, quando si trasferisce al Rot Weiss Ahlen. È una squadra che ora milita nella quarta divisione tedesca, ma che ha il merito di farlo debuttare tra i professionisti nella stagione 2007-2008. Due anni dopo, Marco esordisce in Bundesliga con l’altro Borussia, il Moenchengladbach, con il quale sigla 41 reti in 109 presenze tra tutte le competizioni. 

È tempo di tornare a casa: nel gennaio del 2012 il Borussia Dortmund guidato da Jurgen Klopp se lo riprende acquistandolo per 17,5 milioni di euro dal MoenchengladbachReus arriva a giugno ed in poco tempo si conquista un posto da titolare sulla trequarti insieme a Mario Gotze, a supporto di Robert Lewandowski. Sin da subito si forma un trio delle meraviglie che trascina i gialloneri a giocarsi campionato e Champions League testa a testa con la corazzata Bayern Monaco. Il sogno si infrange a Wembley, in finale, quando Robben segna il gol del decisivo 2-1 che consegna la coppa dalle grandi orecchie ai bavaresi (Marco si era procurato il rigore del momentaneo 1-1). 

È la prima grande delusione della carriera di Reus, che nel frattempo vede i suoi compagni di squadra e amici lasciare progressivamente la Ruhr, per accasarsi proprio al Bayern Monaco. Nell’estate del 2013 se ne va Gotze, poi l’anno dopo a salutare è Lewandowski, seguito da Mats Hummels nel 2016. Anche Marco potrebbe andarsene, dato che tanti grandi club europei hanno messo gli occhi su di lui, ma alla fine decide di restare. Una scelta di cuore, che gli è costata qualche trofeo e svariati milioni di euro in meno, ma che gli ha procurato l’affetto incondizionato di un’intera tifoseria. 

In ogni caso, guardando la sua carriera dallo specchietto retrovisore, il rimpianto maggiore per Reus, più che i pochi titoli vinti, restano gli infortuni: al 2023 sono più di 60, per un totale di 1313 giorni complessivi fuori dai campi di gioco. Tre anni e mezzo di calcio giocato persi, che hanno minato grandemente il suo notevole potenziale e che, tra le altre cose, nel 2014 gli hanno impedito di partecipare ad un mondiale poi vinto dalla Germania. A questa delusione si è poi aggiunta quella più recente del campionato incredibilmente gettato alle ortiche dal suo Borussia nell’ultima giornata della scorsa Bundesliga

Pochi giorni fa, il Dortmund ha comunicato che Reus a fine stagione lascerà il club giallonero. A 35 anni, dopo dodici stagioni sempre con la stessa maglia, sempre in prima linea nel bene e nel male. C’è ancora un sogno però che si può realizzare, è difficile ma non impossibile e dista appena due partite: come nel 2013, c’è una finale di Champions League da disputarsi a Wembley, il Borussia potrebbe giocarla di nuovo e riscattare le delusioni del passato. Obiettivamente, nessuno si meriterebbe un lieto fine del genere più di Marco Reus

Luca Missori

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