Due capolavori di Dumfries, l'Inter è in finale: Inzaghi medita un aggancio storico

https://images2-gazzanet.gazzettaobjects.it/6acOwOj45SEbu2rdfp5MefIR04o=/1200x627/smart/www.fcinter1908.it/assets/uploads/202501/031edfdae158e6a6ae96ab5b5fb5095a.jpg

L'analisi della Gazzetta dello Sport dopo la vittoria dell'Inter per 2-0 in semifinale di Supercoppa Italiana contro l'Atalanta. Diversi i temi toccati dal quotidiano, dalle scelte iniziali sorprendenti di Gasperini a Inzaghi che ora medita un aggancio storico. "Può cambiare l'anno o il continente, ma l'Inter tira dritta con le vecchie abitudini: vince. Il netto 2-0 sull'Atalanta, timbrato da un Dumfries straripante, le regala la quarta finale di Supercoppa italiana consecutiva e la possibilità di raggiungere la Juve in testa all'albo d'oro a quota 9. Simone Inzaghi, già in fuga con 5 vittorie da allenatore nella manifestazione, lunedì, contro Milan o Juventus, medita un aggancio storico: affiancarsi al Mago Herrera e a Roberto Mancini, come tecnico più vincente nella storia del club, con 7 trofei. Intanto, ha lanciato un nuovo messaggio di forza al campionato e ha tenuto a distanza l'avversario più agguerrito: l'Atalanta. Le vittorie interiste di Inzaghi su Gasperini sono diventate 7 su 9 match, più due pari. Il sentimento d'inferiorità lavorerà ancora di più, come un tarlo, nella testa della Dea. Unico neo per Inzaghi, un Lautaro irriconoscibile che si è divorato il mondo. Schierare un'Atalanta senza Ederson, Lookman e De Ketelaere è come fare il tiramisù senza mascarpone e savoiardi. Fuori all'inizio anche Bellanova, Pasalic e Djimsiti. Una formazione inimmaginabile, ma il Gasp non è impazzito. C'era una logica. Se, finora, non aveva mai battuto l'interista Inzaghi, ci stava cambiare, anche oltre l'azzardo. L'idea: bloccare l'Inter, stancarla, nel primo tempo con una formazione fisica e compatta, per poi colpirla nella ripresa con la freschezza dei primi violini. La prima parte del piano è riuscita: 0-0 all'intervallo. Fosse riuscita anche la seconda, Riad sarebbe diventata Austerlitz nell'epopea del Gasp, Napoleone dei braccetti, la vittoria di un genio, invece Dumfries la pensava diversamente e Riad si è fatta Waterloo. Teniamo conto che l'Atalanta dovrà giocare 3 partite in 7 giorni, due delle quali si chiamano Juve e Napoli. Un goccio di turnover ci stava. Diciamo che Gasp è andato un filo lungo, ha fatto un po' il ganassa, come dicono a Milano. Ma è osando che Gasp è diventato Gasp e l'Atalanta una Dea d'Europa. Solita Inter, Atalanta impronosticabile, come detto, con Scalvini e De Roon, cuore forte della mediana e un tridente atipico, chiamato a pressare e fare densità in mezzo: Brescianini e Zaniolo larghi, Samardzic pendolo centrale. La missione è resistere fino all'ora del tè, come i visi pallidi assaltati dagli indiani, in attesa del settimo cavalleggeri. La resistenza non parte benissimo, però, perché dopo 30" l'Inter ha già lanciato 3 frecce, due con Lautaro e una con Mkhitaryan. E all'11' Carnesecchi deve volare sul Toro, imbeccato da una punizione. Fiutata la strategia del Gasp, i nerazzurri attaccano rabbiosi, per chiudere la battaglia prima dell'arrivo dei rinforzi. E' una Dea diversa, ma non tradisce i suoi principi, perché difende senza abbassarsi esageratamente, cercando sempre l'anticipo e pressando con i tre davanti. La prova è l'occasione nitida che capita a Scalvini, tutto solo, al 16'. L'Inter, forse illusa dall'inizio comodo e da una formazione depotenziata, perde cattiveria e si lascia intrappolare dalla rete del Gasp. L'azione perde continuità, ma i campioni d'Italia riescono comunque a costruire tre palle-gol limpide: gigantesco Carnesecchi su Lautaro e Dimarco (21'); colpevole il Toro che tuona alle stelle su sponda di Thuram (39'). La prima parte del piano di Gasperini è riuscita: 0-0 all'intervallo. Gli indiani si sono ritirati sulle colline. A palla ferma, è d'obbligo evidenziare quanto abbia sprecato Lautaro, almeno un poker d'occasioni buone. Si riparte. A illudersi, questa volta, sono i bergamaschi. Usciti illesi dal primo tempo, mentre sbirciano Ederson, De Ketelaere e Lookman che si stanno riscaldando a bordocampo e pregustano il meglio, mollano un filo la concentrazione nelle marcature su corner e Dumfries rovescia in rete il gol che spacca il match (4'). Ma il corner c'era? Forte dubbio. I cavalleggeri arrivano troppo tardi, perché, con lo svantaggio, lo scenario tattico è cambiato. Ora l'Inter ha a disposizione gli spazi che ama per galoppare in profondità, infatti al 16' il travolgente Dumfries incrina la traversa e chiude il match 2-0. Potrebbero riaprirlo Lookman, CDK ed Ederson, i nobili panchinari, che confezionano il gol della speranza (28'), ma il Var sbandiera via tutto. La successiva super-occasione per la Dea arriva al 45': due parate di Sommer su Djimsiti e Lookman. Nel mezzo, altri due gol divorati da uno sbalestrato Lautaro che però, in finale, avrà l'occasione per diventare il primo a segnare in quattro Supercoppe diverse. L'Atalanta, arrivata a Riad anche per ridurre la sensazione d'inferiorità sull'Inter, alimentata dai risultati recenti, riprenderà la corsa scudetto, ancora più convinta che in gruppo c'è chi è molto più forte. E ha una fame da Cannibale. Ma l'orgoglio è il pane dei bergamaschi, la Dea abbasserà la testa sul manubrio. Oggi l'Inter scoprirà l'altra finalista: Milan-Juve. Tutto esaurito, dicono. Speriamo. Desolanti ieri i troppi squarci vuoti in tribuna. Seggiolini gialli come l'oro. Forse i 23 milioni nel piatto giustificano tutto. Di sicuro, in Italia, in qualsiasi stadio, le sfida tra le due squadre più in forma del momento avrebbe avuto una cornice più degna", si legge.

×