
Nesta: "La Coppa Italia con la Lazio il trofeo più bello in assoluto. Quando andai via…"

03/25/2025 01:30 PM
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In una lunga intervista presente nel quarto episodio di "Fenomeni" pubblicato sul canale Youtube di Prime Video Sport Italia, Alessandro Nesta insieme a Luca Toni ha ripercorso i momenti più significati e le varie tappe della sua carriera.
Per quanto riguarda la Lazio, Nesta ha iniziato a raccontare il suo periodo nelle giovanili dei biancocelesti: "Noi abitavamo a Cinecittà, quartiere periferico di Roma molto romanista. C'era un palazzone lunghissimo abitato da tantissime famiglie: noi eravamo "i Nesta", eravamo segnati perché solo noi eravamo della Lazio. Io giocavo nel Cinecittà, che era affiliato alla Roma: siamo venuti a vedere la Roma e volevano che io andassi, ma mio padre si è rifiutato perché Noi eravamo i Nesta. In famiglia siamo tutti della Lazio: mio fratello, mio padre. Io sono sempre stato laziale. Come allenatore nelle giovanili avevo Volfango Patarca, un signore giovane che mi ha preso alla Lazio quando avevo otto anni, poi dopo ho fatto tutta la trafila fino alla Primavera dove ho avuto Mimmo Caso. All'inizio giocavo da attaccante, vedevo il fondo ma non arrivavo mai. In Primavera Caso mi ha messo terzino, e già era uno scempio: io volevo andare al cross, ma per me il fondo non arrivava mai. Poi mister Zeman un giorno mi prende e mi fa "tu fai il centrale", gli risposi "Io? Nono": mi ha cambiato la vita.Luca Toni a un certo punto chiede a Nesta di raccontare la dura entrata rifilata a Gascoigne in una partitella: "Ma so che in una partitella hai spaccato la gamba di Gascoigne", "Paul veniva carico ogni tanto -risponde ridendo Nesta- "Io ero un bambino, 16 anni, dopo mi ha dato due legnate, mi ha fatto volare. C'era Zoff, il quale mi diceva di fare piano; a un certo punto, ho visto che andava su una palla, io sono andato forte per prendere il pallone e ho spaccato tutto. Quando è tornato dopo sette mesi, è arrivato e ho pensato "adesso mi mena", e invece mi ha regalato una canna da pesca con gli ami, io mai pescato in vita mia, e un paio di scarpe: poi abbiamo fatto pace".
Nesta successivamente parla del periodo 1997-99, l'alba di una grande Lazio: "In questo periodo vincevo le prime cose con la Lazio. Il primo trofeo che ho vinto nella mia vita è stata la Coppa Italia con la Lazio: erano trenta anni che non vincevamo una Coppa Italia. Battiamo il Milan, io faccio il gol decisivo a dieci minuti dalla fine e vinciamo la Coppa Italia. È stato il mio primo trofeo, e per me è stato il trofeo più bello in assoluto. In quel periodo arrivò il presidente Cragnotti che ha iniziato a investire forte sui giocatori. Finale contro il Manchester United di Supercoppa UEFA? Ci fu il gol di Salas, ma nessuno aveva capito che eravamo così forti: Veron, Nedved, Sinisa, avevamo uno squadrone. Nessuno si era reso conto della nostra forza, poi col tempo si sono resi conto che in campo c'era tanta roba. In quella squadra si intravedevano diversi allenatori e alcuni di questi sarebbero diventati di sicuro forti, come il Cholo Simeone, mentre altri come Sinisa, Simone Inzaghi assolutamente no".
Stagione 2001/02, l'addio alla Lazio: "La partita con la Roma fu la peggior partita della mia carriera con la maglia della Lazio e in generale. Quella partita mi ha cambiato la vita, perché da lì in poi ho messo qualcosa di diverso quando giocavo, mi ha fatto crescere perché lì ho preso la prima batosta della mia carriera, e in quel momento ho capito che il compitino, il talento non basta, bisogna mettere qualcos'altro per fare il giocatore di un certo livello. Sapevo che quello era il mio ultimo anno con la Lazio, erano otto mesi che non prendevamo lo stipendio, eravamo a pezzi, il club da un punto di vista finanziario aveva tanti debiti. Io venivo dal settore giovanile, e se mi avessero venduto sarebbe stata una plusvalenza. È stato un anno difficile: all'inizio pensavo all'Inter, avevano parlato col club nerazzurro per mandarmi lì, l'anno prima avevo detto di no al Real Madrid. Purtroppo sono andato via male, è una cosa che mi ha dispiaciuto molto. Probabilmente sarei rimasto tutta la vita alla Lazio, purtroppo c'è stato il tracollo; non mi sarei mai immaginato una vita lontana dalla Lazio. Lasciare la Lazio è stato un trauma, nei primi mesi è stato durissimo, io non sarei mai voluto andar via, la gente era molto attaccata a me. Prima di quella partita, sabato, mi hanno convocato in sede per dirmi che me ne dovevo andare, e io l'ho presa male e ho avuto una brutta reazione quando ho chiesto il cambio. Mi sono pentito tanto".
Lo scudetto con la maglia della Lazio: "È stata una roba mai vista: noi vinciamo lo scudetto all'ultima giornata, a Roma c'era il sole mentre a Perugia il diluvio, una cosa stranissima vista la breve distanza. Lì bloccano la partita: noi finiamo prima di loro, e rimaniamo tutti nello stadio: schermo, telefoni, radioline, ottantamila persona più noi eravamo rimasti nello stadio ad aspettare. Eriksson? Il mister era lì calmo, ma quando ha fatto il gol Calori è saltato. È stata una roba stranissima: vinci lo scudetto in quel modo ci fai un film. Poi fischia l'arbitro, tutti che festeggiamo, tutte le ottantamila persone, c'erano persone nello spogliatoio. L'anno prima abbiamo perso lo scudetto noi: non eravamo pronti a gestire tutta quella pressione, abbiamo gestito male quella stagione per me, e abbiamo perso un'occasione perché l'anno prima c'era Bobo che ha fatto non si sa quanti gol. L'anno dopo è stata una roba mai vista. Poi avevamo Hernan Crespo, anche lui ci ha fatto un sacco di gol".