CATTIVO CITTADINO di Gianni Barone / LES CAHIERS DES DOLEANCES
01/13/2025 06:00 PM
(Gianni Barone) – Bene in fase difensiva, ma quando deve attaccare fatica terribilmente. Questa la sintesi del Parma amato dai difensivisti, oltre ogni ragionevole previsione, ed odiato, da chi, obtorto collo, ha dovuto accettare la situazione e che rimpiange sempre di più i tempi migliori, quando la squadra era in grado di attaccare e lo faceva nel migliori dei modi grazie ai suoi attaccanti migliori che ora migliori non lo sono più e ci si dovrebbe chiedere il perché della loro involuzione dovuta, forse, ad un qualcosa che sfugge ai più, Pecchia compreso, il quale pur arrovellandosi con l'idea del palleggio che fu, non riesce a capire come mai neanche nelle ripartenze il suo Parma riescA a funzionare, vistI i soli due gol segnati nelle ultime due partite, in cui pur essendo vittorioso solo sul Monza, ultimo della classe (ma non rassegnato, visto che nel posticipo del lunedì ha battuto 2-1 la Fiorentina, salendo a 13 punti in classifica, accorciandola, ed avvicinandosi al Venezia, 14, prossimo avversario dei Ducali al Tardini), non è riuscito a violare le porte di due non irresistibili, sempre stando ai fatti, antagoniste che ora lo sopravanzano di diverse lunghezze in classifica.
Il perché sfugge anche quando si è sacrificato, sull'altare del saper contenere la manovra altrui e del sapersi, finalmente, compattare dietro, con la tanto declamata "densità", il proprio istinto offensivo che, con un assetto più prudente e conservativo, tarda, fatica, a manifestarsi, divenendo addirittura assente anche quando si tratta di agire di rimessa in spazi larghi ed ampi, mettendo in luce una totale mancanza di freddezza e perentorietà in zona tiro e in zona gol o di scelta dell'ultimo o penultimo passaggio.
A furia di due o tre tiri nello specchio – peraltro mai irresistibili – a partita, sembra che non si possa arrivare da nessuna parte e le ricette per invertire la tendenza, paiono scarseggiare sempre più anche nella mente fervida, di chi di solito si sente preposto o predisposto alla bisogna o in chi esercita il ruolo del sensitivo applicato al circo del pallone. "Opinioni di un clown", come titolava un suo romanzo Heinrich Böll, scrittore tedesco Nobel del 1972.
La mentalità creativa anche dei critici sembra venire meno, però i quaderni delle lamentele o delle doglianze, tipici del momento che coincidono con il mercato, dopo la sconfitta di Marassi per mano di un Genoa, ordinato, tranquillo, ma certamente non stratosferico, si sono arricchiti di nuove rivendicazioni nei confronti del "monarca" che presiede la società, e vanno di sicuro nella direzione di potenziare l'attacco con nomi che al momento nessuno è stato in grado di fare e non solo quelli per scaldare gli entusiasmi di chi si accontenta di quel poco che passa il convento in quel labirinto del mercato dove è sempre difficile individuare, e soprattutto acquistare, il pezzo giusto, evitando il comprare tanto per comprare qualche illustre sconosciuto venezuelano o greco.
E poi, sempre ammesso che esista il profilo giusto, libero, motivato e non scontento o idoneo dal punto di vista tecnico o caratteriale, come si fa ad aumentare la schiera degli attaccanti, senza correre il rischio di far svalutare chi già c'è o peggio ancora renderli più scontenti o tristi (perché non vanno in gol da tempo quasi immemore) di quanto non lo siano ora? E allora, che fare? Sperare che gli altri vadano peggio o che non facciano come ha fatto il "glaciale" (da me definito per errore di battitura o del t9 nel pezzo precedente "gracilissimo", visto che è tutt'altro) Vieira, che a furia di dire, alla vigilia, che il Parma giocava solo in contropiede, è riuscito nell'impresa di renderlo inefficace in tale tipo di gioco, predisponendo le opportune contromosse (le giuste contrarie, come avrebbe detto Pino Colombi) ben assimilate dai suoi.
A questo punto, in attesa di rinforzi che, se nell'immaginario collettivo dei tifosi rappresentano "la panacea di tutti i mali", non per forza lo debbono essere per davvero nella realtà, cosa resta da fare all'icastico Pecchia, dopo aver salutato Coulibaly che forse gli avrebbe fatto ancora comodo (e sinceramente non capisco quei tifosi che si esaltano per la plusvalenza, come se beneficiassero di dividendi: siamo a metà stagione ed è delittuoso indebolire una squadra già scommessa prima), ma che evidentemente era impossibile trattenere per logiche societarie, e accolto Vogliacco (ieri le visite mediche allo Studio Pasta) che si spera possa fargli comodo, a sua volta, in futuro, in termini di esperienza e fisicità, utile nel gioco aereo, cosa resta altro da fare o da pensare dopo aver sistemato la difesa anche grazie, all'imprevista "esplosione", di Valenti (chi l'avrebbe mai detto? Nessuno..,) in termini di prestazioni positivamente pratiche negli altri reparti per esperire nuovi sviluppi di gioco?
Sperare che ritorni alla svelta Bernabé, per tornare all'antica sulla strada del gioco produttivo e propositivo perduto della prima parte di stagione, in cui gli elogi incassati superavano di gran lunga i punti ottenuti, ma non i gol incassati, oppure studiare qualcosa di nuovo che riesca far assimilare alla squadra, qualche certezza in più che permetta di saper sfruttare al meglio l'arma del contropiede, che non è qualcosa di estemporaneo, come molti possono pensare, considerandolo un retaggio del passato italianista del nostro calcio, ma un'arma offensiva vera e propria, che occorre imparare ad assimilarla al meglio attraverso esercitazioni che non si fanno più nemmeno nei vivai in cui, fra costruzioni (costrizioni) dal basso, bracci e braccetti, si perde molte volte di vista ciò che, dal punto di vista della tattica individuale o tecnica applicata, sarebbe più opportuno curare o approfondire nella metodologia corrente a scapito delle mode, delle tendenze da che prassi comune diventano talvolta ossessioni.
Il calcio del girone di ritorno, per squadre che lottano per qualcosa come la salvezza, dovrebbe essere improntato, oltre che sulla lotta, anche sulla capacità di mettere a frutto tutte le proprie potenzialità, senza risparmi o calcoli: quindi, chi rimane, deve dare risposte concrete e non specchiarsi nella propria presunta bravura, sempre ammesso che la stessa esista davvero. Se no meglio andare a sciacquare i panni in Arno…
Avere un organico con Bonny, Man, Mihaila, Cancellieri, Almqvist – tutti veloci e abili nell'uno contro uno – cosa vuol dire? Che ci si può accontentare di fare la miseria di due o tre tiri in porta a partita? O che si dovrebbe ambire a un qualcosa di più o di meglio, oppure praticare la teoria del giusto mezzo fra il difendiamo bene e attacchiamo meglio che non sempre si riesce a far coincidere nei fatti e negli sviluppi tecnico-tattico-strategici della stagione?
Fra lamentele e doglianze, di cui ogni spazio commenti riservato a tifosi più o meno osservanti, si va riempendo fino alla prossima partita che potrebbe far svoltare in un senso o nell'altro il cammino, il compito di chi deve praticare delle scelte di campo potrebbe anche essere agevolato da eventuali consigli o suggerimenti da parte chi ha individuato difficoltà di interpretazione o di manovra che forse sono sfuggite, non per male, a chi di dovere. Si chiama umiltà o semplice realismo? Chi lo saprà mai… Gianni Barone