IN MORTE DI TOTO' SCHILLACI: DENTRO I TUOI OCCHI SPIRITATI ABBIAMO VINTO E PIANTO

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(Luca Saverese) – Una mannaia inesorabile sembra essersi abbattuta sui protagonisti del nostro calcio: non tanto di quello mercicologico e timocratico di oggi, quanto di quello capace di dialogare, con monologhi di allenatori e squilli di gol. Diego Armando Maradona, Paolo Rossi, Sinisa Mihajlovic, Gianluca Vialli, Giovanni Lodetti, Luisito Suarez, Gigi Riva, Comunardo Niccolai, Gaetano Salvemini, Sven Goran Eriksson, Cesare Poli ed ora anche Salvatore Schillaci.

Forse, il Cielo, si sta facendo uno squadrone. Sarà. Ma sta di fatto che questi mostri sacri della pelota, se ne sono andati uno dietro l'altro, particelle di un calcio capace di essere prosa e verso, oggi così diverso, sono esplose, improvvisamente verso il mistero del vuoto e il vuoto del mistero. Con quel sapore, amarognolo e strambo, del rettangolo di gioco senza le loro giocate, orfano dei loro volti.

Non è un caso che Totò sia tra gli ultimi di questa nobilissima schiera; ultimo, alla fine, come in distinta, rigorosamente, a chiudere quelle cantilene di nomi, da bomber.

Ciao Totò'. Grazie perché prima ci hai fatto capire che dal basso (quartiere San Giovanni Apostolo, Palermo) si può e si deve puntare in alto (Juve, Inter, Nazionale). Poi perché, senza star lì troppo a chiedercelo: tanto te lo avremmo accordato a prescindere, ci hai preso tutti quanti, bambini di 6 anni e papà sulla trentina, nonni, ragazzi, mamme e signore, amici e vicini di casa e ci hai portato, passeggeri curiosissimi, sulla navicella spaziale dei tuoi occhi spiritati.

Nei teatri peripatetici di Italia 90, noi eravamo gli aviatori un po' impacciati e tu il piccolo principe del gol, che mentre lo facevi, lì, all'interno delle tue pupille spalancate ed ebanine, ce lo facevi fare anche a noi. Come un salumiere che mentre taglia del salame, te ne fa assaggiare una fetta.

Italia-Austria 1-0. Italia-Cecoslovacchia, tu a riaprire le marcature. Poi sotto con gli ottavi, ci risiamo, il primo gol doveva essere solo il tuo: questa volta a farne le spese sulla propria pelle, è l'Uruguay, che quarant'anni prima aveva alzato, nel 1950, la sua seconda Rimet. Eccoci ai quarti, sulla giostra salta su l'Eire, ma nemmeno lei, può sfuggire alla legge, indomita e infuocata di Totò torero. 1 a 0. Altro giro, altro regalo, altro gol che apre i giochi e chiude di fatto le speranze avversarie. E in quel Nautilus dei tuoi occhi, forse non previsto ma attrezzato come nave da crociera, salivano pian piano tutti, anche quelli che, all'inizio dei giochi, nemmeno ti consideravano.

Tu non facevi differenza, i tuoi occhi accoglievano, trasportavano e correvano Totò. Oh, se correvano. Sembravano grilli impazziti di farsi sentire nelle infinite notti d'estate. La magia, sostantivo che viaggia a braccetto di quelle notti, l'hai messa tu, verghiano padron 'Ntoni (o padron Toto') della nave Provvidenza azzurra delle migliaia di famiglie Malavoglia che vedevano quell'Italia, ma guardavano i tuoi occhi. Salivano, impazienti, nella scalamobile goleadora, dei tuoi occhi.

Stesso copione anche in semifinale. Ci avevi abituati troppo bene. Non potevamo più farne a meno. Tu segni, noi sogniamo. Ma Caniggia, il biondo pajaro, interrompe, sul più bello, l'incanto. Complice un'uscita scriteriata di Zenga. Noi usciamo dal mondiale a casa nostra, tu non esci più dal cuore degli italiani. Entrerai anche nel tabellino della finalina, la terza rete, infatti, dopo il vantaggio di Baggio ed il pari di Platt, fu tua. Tu, il tuo, Toto', lo avevi fatto, il petardo, lo avevi acceso. Ancora, un'altra volta. Austria, Cecoslovacchia, Uruguay, Eire, Argentina. 5 botti iniziali più uno, finale, ai masters del football inglesi. Non hanno mai smesso di detonare.

Ora, Totò, saluta Azeglio Vicini. Abbraccia Gianluca Vialli, chiamate Diego Maradona. E chiedetegli la rivincita di quella semifinale. Magari, stavolta, da lassù… Luca Savarese (foto dall’archivio di StadioTardini.it, scattate negli studi RAI di Corso Sempione a Milano, domenica 28 aprile 2013, in occasione della partecipazione di Gabriele Majo alla trasmissione “Quelli che il calcio”) 

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