
Abusi sessuali su adolescenti, don Marelli è indagato: sono più di una le denunce di familiari arrivate in procura

03/28/2025 01:51 PM
Sette anni fa, come scrive ilfattoquotidiano.it, i comportamenti inopportuni e gli abusi sessuali di don Samuele Marelli su adolescenti che accompagnava nei campi estivi, erano stati già segnalati. Ma il prete, classe 1976, per sette anni responsabile della Fondazione diocesana per gli oratori milanesi, è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Monza per violenza sessuale aggravata soltanto nella primavera-estate del 2024. Perché solo allora sono arrivate, una alla volta, le denunce dei genitori dei ragazzini coinvolti. Non una, come riferito in un primo momento, ma più denunce sono state valutate dagli inquirenti che hanno lavorato nel silenzio per quasi un anno e che potrebbero tirare le fila a breve di un’indagine delicatissima. Inchiesta partita molto tardi perché nessun ecclesiastico informato ha ritenuto di dover inoltrare la segnalazione alla procuracompetente. I “pettegolezzi” non avrebbero avuto la giusta dignità. Sull’ipotesi che il fascicolo di indagine sia iscritto anche per altri reati e ci siano altre persone coinvolte, come si potrebbe presumere da quanto messo a verbale, non c’è conferma, al momento.
Il ritardo nell’emersione di questo scandalo – che vede nel limbo del tempo passato alcuni giovani fotografati, palpeggiati e anche umiliati per il loro aspetto fisico – nelle pur riformate linee guida per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, approvate nel novembre del 2023 dalla Conferenza Episcopale Italiana – non è un illecito per il dirittocanonico, né lo era all’epoca dei primi sospetti sull’esuberanza di don Marelli. Mentre per il diritto penale italiano ci potrebbero essere gli estremi per la contestazione del concorso omissivo o anche il favoreggiamento di chi – non indossando un abito talare – aconoscenza degli abusi non ha fatto nulla per impedirli e in qualche modo li ha favoriti, se non addirittura condivisi.
Incredibilmente nessun obbligo di denuncia ricade sugli ecclesiastici perché i sacerdoti o i loro superiori non sono pubblici ufficiali per il diritto penale italiano. Paradossalmente insegnanti, medici, notai e anche segretaricomunali, per esempio, che sono a conoscenza di abuso o una violenza, sono obbligati dalla legge a denunciare: un prete, pur officiando cerimonie, non è un pubblico ufficiale, come sancito da una sentenza della Cassazione del 2009. Questa non punibilità di chi sapeva e ha potuto ignorare o insabbiare – come avvenuto nei casi dei vescovi citati nell’indagine sulla diocesi di Bolzano e Bressanone – e la storica omertà sui casi di violenza su bambini e bambine, ha impedito l’innesco immediato dell’inchiesta.
Le nuove linee guida della Cei, vale la pena ricordarlo, al punto 5.5 spiegano che “non può essere tollerato nessun clima di complice e omertoso silenzio in tema di abuso sessuale nei confronti di minori o persone vulnerabili: chiunque abbia notizia della presunta commissione in ambito ecclesiale di abusi sessuali nei confronti di minori o persone vulnerabili è tenuto a segnalare tempestivamente i fatti di sua conoscenza alla competente autorità ecclesiastica, a tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, della ricerca della verità e del ristabilimento della giustizia, se lesa”. Quand’è che è necessario soffocare l’omertà e denunciare per un ecclesiastico? Viene spiegato al punto 8.2: “L'autorità ecclesiastica ha l'obbligo morale di procedere all'inoltro dell'esposto all'autorità civile qualora, dopo il sollecito espletamento dell'indagine previa, sia accertata la sussistenza del fumus delicti. L'autorità ecclesiastica non procederà a presentare l'esposto nel caso di espressaopposizione, debitamente documentata e ragionevolmente giustificata, da parte della vittima (se nel frattempo divenuta maggiorenne), dei suoi genitori o dei tutori legali, fatto salvo sempre il prioritario interesse del minorenne“.
Don Marelli, però, è finito sotto investigatiopraeviasolo l’anno scorso e, anche se il processo canonico in primo grado di giudizio si sta per concludere, si è perso moltissimo tempo. Tempo che avrebbe permesso di raccogliere testimonianze e sentire le vittime quando i fatti erano avvenuti da poco, non a distanza di anni. Fortunatamente non si rischia la prescrizione del reato, perché i tempi di prescrizione nei casi di violenza su minori sono raddoppiati. Se e quando don Marelli passerà dalla veste giuridica di indagato a imputato, ci sarà tutto il tempo di valutare penalmente i suoi comportamenti, che come risulta a ilfattoquotidiano.it, sono stati anche immortalati.
Sul tempo perso o rubato alle indagini vale la pena ricordare che solo l’11 maggio del 2024 il vicario episcopale, monsignor Michele Elli, aveva comunicato il termine del servizio del sacerdote. Uno stop, ufficialmente richiesto però a febbraio del 2024, “per favorire un recupero psico-fisico” e che era stato prolungato. Ufficialmente perché “l’Arcivescovo” riteneva “opportuno che si” prolungasse “ulteriormente il periodo di discernimento” di don Marelli. Forse è stato in questo periodo tra l’inverno e la primavera dell’anno scorso che prima una famiglia, poi altre hanno maturato la convinzione che troppo tempo sarebbe passato per capire cosa e perché era successo ai loro figli, nelle docce dei campi estivi dove i ragazzi passavano periodi di vacanza, e soprattutto quando quel “discernimento” sarebbe stato definito con la parola giusta: pedofilia.
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