Arizona, protesta contro Musk davanti alla concessionaria Tesla: "Si è comprato l'accesso alla Casa Bianca"

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di Antonella Ciancio

"Musk deve andare via!", "Deportate Musk!" gridano una trentina di persone in una strada assolata che fiancheggia una importante concessionaria Tesla a Mesa, zona ad alta densità di Repubblicani a sud di Phoenix, in Arizona, uno degli Stati chiave per le elezioni americane.

Gli slogan gridati e i cartelli alzati contro l'imprenditore miliardario sudafricano e consigliere speciale del presidente Donald Trump, attirano in forma di solidarietà i clacson di numerose auto che passano davanti al gruppo, ma alcuni automobilisti alzano il dito medio, gridano contro volgarità.

Un uomo al volante di un fuoristrada schiaccia sul freno. Scende impetuoso dal veicolo e sembra voler venire alle mani. Qualcuno grida che ci sono telecamere a riprendere, l'uomo se ne va e ognuno riprende a protestare, pacificamente, come hanno fatto migliaia di persone sabato 30 marzo, in oltre 200 manifestazioni con lo slogan "Tesla Takedown". La giornata nazionale di protesta contro Musk ha coinvolto diverse città degli Stati Uniti, dal New Jersey al Texas, con gruppi numerosi a New York e Washington D.C., e manifestazioni anche in Canada e a Londra.

"Cosa non va? Musk non va. Trump è la sua marionetta", dice al Fatto Quotidiano Matt, che indossa un cappello da Zio Sam. In una mano ha un cartello con un fotomontaggio di Musk che fa il burattinaio del Presidente, la scritta "Vi sta mentendo", e con una piccola sagoma di cartone di una Tesla che brucia.

Al cuore della protesta contro Musk che da settimane ha attirato manifestanti in diverse città e ha provocato episodi di vandalismo contro auto Tesla in California e persino in Germania, sono i licenziamenti di migliaia di dipendenti federali e la minaccia di tagliare pensioni e assistenza sanitaria agli anziani.

Sono politiche per ridurre l'enorme deficit federale per le quali Trump è stato votato a maggioranza. Tuttavia, si stanno rivelando un colpo al cuore della sicurezza economica americana, uno dei pilastri su cui si vota in America, per di più eseguito in modo sfrontato dal DOGE, il Dipartimento per l'Efficienza Governativa guidato da Musk, l'uomo più ricco del mondo salito alla destra di Trump dopo aver finanziato la sua campagna elettorale e quella di altri candidati Repubblicani con quasi 300 miliardi di dollari.

"Una delle cose che possiamo fare è togliere i soldi a Elon Musk. Far scendere le azioni in Borsa. Così se ne va e ci lascia in pace", dice Matt.

Eppure, il sostegno a Trump resta solido. Lo dice una delle manifestanti, Carol, che vive in Alaska ma è in visita in Arizona e non si perde una manifestazione dovunque vada. "Alcuni dei miei amici sono d'accordo con me. Ma alcuni miei familiari no. Non li capisco proprio. Sembrano far parte di una specie di setta. Gli perdonano tutto."

"Musk non dovrebbe essere alla Casa Bianca a licenziare tutte queste persone. Non è stato votato. Non dovrebbe essere lì", aggiunge Carol, mentre sorregge un cartello con su scritto: "Stop Elon". Quella di Mesa è la sua seconda manifestazione dopo essere stata in Wisconsin. Dice che il numero delle persone in strada sta aumentando ogni settimana.

Ci sono anche pensionati nel gruppo di dimostranti. Sentono di essere minacciati dalle politiche economiche di Trump. Linda Smithers, che ha 80 anni, dice di dover ancora scendere in strada come ha fatto in tutte le sue battaglie storiche da elettrice democratica. "Mi sentivo senza speranza a stare a casa a sentire i notiziari", commenta Linda, che indossa una maglietta con la scritta "Amiamo i nostri amici canadesi".

"Musk non è stato eletto e si è comprato l'accesso alla Casa Bianca. Ma questo non è il modo di fare americano. Non puoi comprarti il posto dentro il governo. Solo noi cittadini possiamo cambiare le cose. Noi amiamo l'America. E abbiamo bisogno di verità, delle news. Ci sono troppe bugie."

Le voci raccolte su questo tratto assolato dell'Arizona, che a novembre 2024 ha eletto Trump dopo aver eletto Biden nel 2020, non sono isolate e sono un segnale in vista delle elezioni legislative di metà mandato nel novembre 2026. Una nuova giornata nazionale di protesta è stata indetta per il 5 aprile. Diversi movimenti di cittadini comuni stanno preparando una marcia a Washington DC e in decine di altre città americane. Sono forme di protesta della base, tra critiche alla leadership democratica che sembra non essersi ancora ripresa dallo choc della sconfitta di Kamala Harris.

Martedì prossimo si vota in Florida per un seggio alla Camera, dove i Repubblicani hanno una sottile maggioranza e perdere è un problema.

A influenzare il voto sarà soprattutto la paura per l'economia. Matt è convinto che il sostegno a Trump rischia di incrinarsi: "Anche i Repubblicani devono pagare la benzina e le uova. I dazi stanno danneggiando la nostra economia. Stiamo andando verso una Trump-recessione. E spero che non trascineremo tutto il mondo con noi."

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