Banda dei dossier, il detective arrestato al gip: 'Temo per la mia incolumità'. Un poliziotto ammette: 'Facevo accessi abusivi per Gallo'
Oggi alle 07:57 AM
“Temo per l'incolumità mia e della mia famiglia, mi passavano i dati e io facevo i report, eseguivo”. Si è espresso con questi toni Massimiliano Camponovo, il detective privato finito agli arresti domiciliari mell’inchiesta della procura di Milano. Davanti al gip Fabrizio Filice, Camponovo si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha fatto alcune dichiarazioni spontanee. “Sono preoccupato – ha detto – avevo percepito che dietro a questo sistema c’era qualcosa di oscuro“.
L’ammissione: “Favori al mio capo” – Una linea, quella di non rispondere alle domande, che è stata seguita anche dalle altre persone finite ai domiciliari: l’ex superpoliziotto Carmine Gallo, gli informatici Nunzio Samuele Calamucci e Giulio Cornelli. Le prime ammissioni, invece, sono arrivate dal poliziotto Marco Malerba. “Sì, facevo gli accessi abusivi per i dati, nell'ambito di un rapporto di scambio di favori”, ha sostenuto. Spiegando che questi favori gli venivano richiesti “dal suo capo”, ossia Gallo, indicato al vertice della presunta associazione a delinquere ipotizzata dalla procura di Milano. Poliziotto in servizio al commissariato di Rho-Pero, nel Milanese, Malerba è stato sospeso il 25 ottobre scorso con misura cautelare. Davanti al gip, al pm Francesco De Tommasi e al suo avvocato Pietro Romano, il poliziotto ha ammesso gli accessi abusivi alle banche dati, in particolare allo Sdi delle forze dell'ordine. E ha spiegato che Gallo “era il suo ex capo” e che quindi non sarebbe “riuscito a dire di no, nell'ambito di un rapporto di scambio di favori”.
Gallo: “Sempre rispettato la legge” – L’ex superpoliziotto antimafia, invece, non ha risposto al gip, ma ha fatto dichiarazioni spontanee. Ha sostenuto di aver “sempre rispettato la legge” e che lo farà anche ora, collaborando coi magistrati, perché è sempre stato ed è “un servitore dello Stato“. Gallo ha spiegato che si difenderà dalle accuse davanti al pm solo dopo aver letto gli atti. A difendere l’ex superpoliziotto sono gli avvocati Antonella Augimeri e Paolo Simonetti. Gli stessi legali che rappresentano Nunzio Samuele Calamucci, la mente tecnologica del gruppo. “Da quello che ho letto – ha detto, in sostanza – ci sono delle esagerazioni, perché si rappresentano dei fatti che sono impossibili dal punto di vista empirico“. Le dichiarazioni si riferiscono alla presunta calacità del gruppo di “bucare” lo Sdi. E ha aggiunto di aver bisogno, comunque, di leggere tutti gli atti dell'indagine prima di chiedere di essere interrogato.
Il ricorso al Riesame –Si è avvalso della facoltà di non rispondere anche Giuliano Schiano, militare della Guardia di Finanza in servizio alla Dia di Lecce. Pure Schiano è stato sospeso dal servizio con misura cautelare: è accusato di aver passato dati riservati dalla banda. Verosimilmente alcuni arrestati e indagati si faranno interrogare nelle prossime settimane dal pm della Dda, guidata da Marcello Viola e Alessandra Dolci. Non ancora fissate, poi, le udienze al Tribunale del Riesame, al quale la Procura ha fatto ricorso contro l’ordinanza del gip. I pm hanno nuovamente chiesto tredici custodie cautelari in carcere (anche per Gallo e Calamucci) e tre domiciliari, anche per Enrico Pazzali, il presidente della Fondazione Fiera Milano, titolare di Equalize, la società al centro dell’inchiesta. Nell’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Varese e coordinata dal pm De Tommasi, si contesta l'associazione per delinquere finalizzata ad una serie di reati, tra cui l'accesso abusivo a sistema informatico per prelievi di centinaia di migliaia di informazioni riservate da banche dati strategiche. Per l'accusa, il network di hacker e appartenenti ed ex delle forze dell'ordine avrebbe incassato profitti illeciti per oltre 3 milioni di euro dal 2022.
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