Boom di incassi per la Russia grazie all'export del petrolio. Nel 2024 90 miliardi di dollari, 20 mld in più del 2023

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Gli incassi del Cremlino legati al petrolio sono aumentati del 30% nel corso del 2024, sfiorando i 9,2 trilioni di rubli (89,4 miliardi di dollari). Si tratta del maggiore incasso dal 2018. A rivelare la cifra sono i calcoli dell’agenzia Bloomberg basati sui dati del ministero delle finanze russo, pubblicati lunedì. I proventi da prodotti petroliferi grezzi e raffinati hanno rappresentato l’83% delle entrate totali russe da idrocarburi. Non si tratta del valore delle esportazioni ma di quanto è finito nelle casse statali grazie alle esportazioni.

I proventi sarebbero risultati ancora maggiori se non fosse per i quasi 2 trilioni di rubli in sussidi versati ai produttori di carburante per le forniture nazionali di gasolio e benzina. I pagamenti compensano parzialmente le raffinerie per la differenza nei prezzi del carburante per auto in Russia e all’estero. La Russia è il terzo produttore di petrolio al mondo dopo Stati Uniti ed Arabia Saudita, nonché il secondo esportatore dopo Riad.

L’incremento degli incassi è dovuto all’aumento dei prezzi petroliferi e al fatto che, nonostante sia venduto a sconto a causa delle sanzioni, il greggio russo continua ad essere acquistato in grandi quantità e con ottimi incassi. Il prezzo medio del petrolio di riferimento russo “urals” è risultato di 67,6 dollari al barile l’anno scorso, quasi il 10% in più rispetto al livello medio del 2023.

Le spedizioni verso l’Europa sono state in larga parte dirottate verso Cina ed India. Proprio dall’India arrivano poi in Europa molti dei prodotti raffinati che prima venivano direttamente dalla Russia. In teoria questo toglie un po’ di margini alle raffinerie di Mosca ma, come si vede, l’effetto delle sanzioni è estremamente modesto. Le cose potrebbero cambiare, si vedrà, con le nuove misure adottate dagli Stati Uniti contro la flotta di “petroliere ombra” sinora utilizzata da Mosca e che, solo l’anno scorso, ha consentito di spedire all’estero 530 milioni di barile.

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