Caso Orlandi, l'avvocato di de Pedis: "Nessun legame tra 'Renatino' e la scomparsa di Emanuela". La replica di Pietro: "Non è vero che don Vergari lo
Ieri alle 07:36 AM
“Per come mi è stato raccontato dalla moglie, Enrico De Pedis conosce mons. Vergari, rettore della basilica di Sant’Apollinare, durante la seconda detenzione, abbondantemente dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi. Quando esce (dal carcere ndr), nell’88, instaura un buon rapporto con mons. Vergari perché De Pedis era appassionato di canto gregoriano”.
Il ruolo di de Pedis
A rievocare stralci dalla biografia del personaggio che pare abbia ispirato "Il Dandy" di Romanzo Criminale è l'avvocato Maurilio Prioreschi, legale della famiglia di Enrico De Pedis, personaggio ormai entrato nel mito della Roma Criminale degli ultimi 50 anni, legato alla Banda della Magliana di cui guidava la sezione testaccina. Prioreschi è stato interrogato dalla commissione parlamentare di inchiesta che indaga sul mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi, in ragione del suo ancora indefinito ruolo in questa oscura vicenda. Più volte "Renatino" è stato tirato in ballo come l'organizzatore del sequestro della cittadina vaticana di cui non si hanno notizie dal 22 giugno del 1983. E non stiamo parlando di chiacchiere da bar o voci di popolo: ad avanzare questa ipotesi è stato per primo un Procuratore della Repubblica, Giancarlo Capaldo che è anche il magistrato che più a lungo ha indagato sulla storia di Emanuela Orlandi. Il ruolo di de Pedis venne chiamato in causa anche dall'amante dell'uomo, Sabrina Minardi che disse di aver riconsegnato la ragazza al Vaticano per conto del boss. Più volte la sua testimonianza (che all'epoca fu bruciata da alcuni media) è stata considerata inattendibile ma contiene dettagli importanti che fanno pensare a una storia realmente accaduta. Tra i tanti, il racconto dei buoni benzina del Vaticano che le furono dati e che solo chi viveva all'interno delle mura leonine poteva conoscere.
Il cappellano
Nemmeno la figura di don Vergari sfuggì, all'epoca al procuratore Capaldo che iscrisse il prelato nel registro degli indagati dalla Procura di Roma per concorso nel sequestro di Emanuela Orlandi. L'accusa cadde ma semplicemente perché l'inchiesta venne avocata a sé dal procuratore Giuseppe Pignatone che subito l'archiviò. Dopo pochi anni, Pignatone diventò presidente del tribunale Vaticano, ruolo da cui si è recentemente dimesso, a pochi mesi dall'indagine contro di lui della procura di Caltanissetta con l'accusa mossa dai magistrati di aver favoreggiato Cosa Nostra.
La sepoltura
Tornando alla pista della Magliana, sulla figura di Vergari, dice Prioreschi: “Quando De Pedis uscì dal carcere, iniziò quindi a frequentare la basilica e le messe. In un incontro dopo la messa domenicale mons. Vergari gli racconta che aveva intenzione di restaurare i locali della cripta per dieci celle mortuarie affinché anche i privati potessero essere sepolti con l’autorizzazione. Andarono anche “a visitare questi locali della cripta che erano molto fatiscenti. La vicenda finisce qui, era l’88-’89”.
“Quando De Pedis viene ucciso – prosegue l’avvocato – viene sepolto nella tomba della famiglia della moglie”. Tuttavia la tomba, che si trovava al Verano, ricorda, “subisce ripetutamente atti vandalici. A quel punto alla signora torna in mente la questione della cripta dove potevano essere sepolti anche privati e chiede a mons. Vergari se (De Pedis ndr) poteva essere seppellito lì”. Peraltro, ricostruisce l’avvocato, la moglie di De Pedis “lavorava a 200 metri dalla basilica e quindi per lei recarsi al Verano da Prati o dal lungotevere era un viaggio, avendo la possibilità di avere a 200 metri la tomba del marito”. Da qui la richiesta a mons. Vergari. “Quando la moglie concorda con don Vergari la sepoltura nella cripta si fa carico delle spese di ristrutturazione del locale sottostante”, sottolinea ancora l’avvocato replicando a una domanda.
“De Pedis muore da incensurato, è uno dei pochi casi della storia giuridica del Paese in cui diventa boss dopo che è morto“, ha detto ancora l’avvocato alla commissione, dove ha chiesto di essere ascoltato per “fornire un contributo di verità in questa vicenda“. Poi ha ripercorso la sua biografia: “De Pedis nasce nel 1954, nel 1974 a 20 anni viene arrestato per una rapina, si fa 5 anni di carcerazione preventiva fino al 1979, condannato in primo grado, condannato in appello, assolto in Cassazione – ha ricostruito il legale -. Nel 1982 ci sono le prime rivelazioni dei pentiti sulla banda della Magliana, il pm emette un ordine di cattura e De Pedis si rende latitante. Viene arrestato nel 1984 e rimane detenuto fino al gennaio 1988. Subisce tre processi davanti al tribunale di Roma per traffico di sostanze stupefacenti e due per associazione a delinquere, cinque omicidi, qualche rapina. Alla fine di questo iter processuale De Pedis viene assolto da tutte le imputazioni per non aver commesso il fatto e viene scarcerato nel gennaio ’88”.
“Io non voglio dire che De Pedis era uno stinco di Santo, ma ognuno va processato per quello che ha fatto e non per quello che si pensa abbia fatto“, ha sottolineato Prioreschi. Il legale ha precisato che “finché era in vita e si è potuto difendere, De Pedis è stato sempre assolto. Dopo la morte gli hanno scaricato addosso tutta una serie di fatti” ha osservato. Il legale ha sottolineato che la procura non poteva disporre il trasferimento della tomba di De Pedis senza l’accordo con la famiglia. “Per me – ha sostenuto il legale – sarebbe dovuto rimanere lì per una questione di principio, per tutto il cancan che era successo” e perché per procedere alla rimozione della tomba hanno “demolito la cripta”. “Inutile dire che non credo alla pista della Magliana“, ha aggiunto il legale. Ritengo “molto convincente la memoria di Imposimato sulla pista bulgara. Io propendevo per la pista internazionale – ha sottolineato -. Poi ho letto che a Roma in quel circondario di 2,5 km dal Vaticano sono scomparse non so quante 15enni. Leggo di quest’altra vicenda della pista familiare. Mi auguro che si riesca un giorno ad arrivare alla verità".
La replica di Pietro Orlandi
"Non è vero che don Vergari conobbe de Pedis dopo il rapimento di Emanuela ma prima", ha risposto il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi. "Se la commissione legge le trascrizioni tra Vergari e la moglie di de Pedis emerge chiaramente che conobbe de Pedis molto prima del rapimento. Comunque se ho ben capito sono stati i due avvocati a chiedere di essere ascoltati. Il motivo? La santificazione di de Pedis? L'inchiesta è sul rapimento di Emanuela e Mirella Gregori, se tu chiedi di essere audito è perché vorresti portare un contributo sulla vicenda di Emanuela e non per ribadire che de Pedis è morto incensurato. Un'audizione inutile se non per quei pochi estimatori della difesa ad oltranza di de Pedis e naturalmente della pista famigliare".
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