Delitto di via Poma, respinta la richiesta di archiviazione: "C'è la mano dei servizi segreti sulla morte di Simonetta Cesaroni, poteri forti dietro q

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La richiesta di archiviazione sul delitto di Via Poma è stata respinta. Sono trascorsi 34 anni dal truce omicidio della ragazza di Cinecittà, assassinata nelle stanze dell'Aiag (associazione italiana degli ostelli della gioventù) il 7 agosto del '90 da un assassino senza volto e senza nome. E anche se il tempo trascorso da quel giorno non è poco, non è perduta per la giustizia italiana la speranza di trovare, vivo o morto che sia, chi falciò brutalmente quella giovane vita nell'estate di Italia 90. Nel corso di indagini e processi aperti e chiusi nel corso di questi 34 anni ci sono stati tre indagati, poi tutti prosciolti: l'allora fidanzato della vittima Raniero Busco, il portiere Pierino Vanacore morto suicida nel 2010 e il figlio dell'architetto Cesare Valle, Federico, residente all'epoca nello stabile in cui avvenne il delitto. Nessun colpevole.

Le richieste della Gip
La giudice per le indagini preliminari Giulia Arcieri dispone adesso nuove indagini con tra le altre, anche questa motivazione che si legge dal decreto: in quegli uffici c'era una documentazione segreta ed è probabile che queste carte abbiano coperto la verità, intralciando e depistando le indagini. In questo scenario, la gip chiede di approfondire la pista del furto al caveau della cittadella giudiziaria messo in atto da Massimo Carminati nel 1999. Tra coloro che verranno convocati in questura ci sono l'ex questore di Roma Carmine Belfiore e Sergio Costa, ex agente dei Servizi e genero dell'allora capo della Polizia Vincenzo Parisi. Nella sua richiesta la gip suggerisce anche i punti su cui indagare e le domande da porre: l'elegante palazzotto di Via Poma, ad esempio, ospitava uffici utilizzati dai Servizi Segreti? A indurre questa domanda è una coincidenza che non è sfuggita alla Gip: il proprietario dell'appartamento sede dell'Aiag in cui avvenne il delitto, tale Manlio Indaco Giammona viveva in un palazzo di proprietà di una società di copertura del Sisde, la Servo Immobiliare. Tale ditta fu messa sotto sequestro nel corso dell'inchiesta sui fondi neri dei servizi. La Gip chiede anche diapprofondire il ruolo nella vicenda su Pietrino Vanacore, il portiere morto suicida nel 2010 in circostanze a dir poco sospette. Vanacore, che fu arrestato a pochi giorni per l'omicidio della ragazza e poi subito scagionato in assenza di prove, morì annegato in pochi centimetri d'acqua nel mare del suo paese natale, in Puglia, dove si era rifugiato dopo la terribile vicenda che lo coinvolse. E morì, lo ricordiamo, a pochi giorni dalla deposizione nel processo contro Raniero Busco, il ragazzo che Simonetta frequentava in quell'estate del '90. Anche Busco fu prima condannato e poi prosciolto da tutte le accuse perché evidentemente innocente.

Le parole dell'avvocato
L'avvocato dei Cesaroni, Federica Mondani ha commentato così la notizia a FqMagazine: "Questo è un provvedimento che farà giurisprudenza perché al di là delle linee molto dettagliate che la giudice dà coraggiosamente, afferma un principio fondamentale: il tempo non può essere un elemento che preclude la ricerca della verità. Questa decisione va in direzione opposta rispetto alle ultime indagini. Nelle sue 55 pagine di decreto indica di tornare addirittura sugli aspetti scientifici della vicenda, di tornare sul Dna. Con le nuove tecniche di analisi si può e il materiale genetico che 15 anni fa era insufficiente per nuove ricerche, oggi potrebbe dare nuovi insperati risultati. Ci sono tante persone che dovranno essere ascoltate – aggiunge la Mondani – e nuove piste da vagliare tra cui quella del coinvolgimento dei Servizi. Quella pista ha come elemento di impatto un'affermazione coraggiosa da parte del giudice: dietro alla storia di Simonetta ci sono dei poteri forti e la penso così anche io. Brava e coraggiosa la Arcieri. Questa è un'ordinanza di speranza per tutte le donne massacrate che non hanno ottenuto giustizia. Il tempo non può cancellarle, si continua a indagare e per come è stato suggerito dal Gip, non verrà fatta differenza tra vivi e morti. La Arcieri ha anche coraggiosamente ammonito chi ha commesso degli errori nel corso delle ultime indagini. Non ha espresso condivisione delle ultime ricostruzioni esprime e soprattutto ha accolto le richieste della famiglia".

Si spera che tra le richieste della Gip ci sia anche quella di confrontare il Dna emerso nel corso della passata inchiesta, con i pochissimi (un paio in tutto) profili di persone che quel giorno avrebbero potuto trovarsi in via Poma. E resta irrisolto un passaggio cruciale, le chiavi dell'ufficio. A chi avrebbe dovuto consegnarle Simonetta quel giorno? Considerato che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno di lavoro.

La reazione della sorella
Ed è intervenuta sulle nuove future indagini anche Paola Cesaroni: "L'ordinanza del gip Arcieri mi ha commosso. Ho avuto chiara la sensazione che adesso qualcosa cambierà", ha dichiarato la sorella della vittima. Fu proprio lei, quella sera stessa, poco prima della mezzanotte ad andare a cercare Simonetta in via Poma con il fidanzato Antonello e con Salvatore Volponi, il titolare della Reli Sas, la piccola ditta di contabilità per cui lavorava Simonetta. Fu lui a trovarle quell'incarico part-time in via Poma e a vedere per primo il corpo flagellato della ragazza, sui cui il brutale assassino si accanì infierendole ben 29 coltellate.

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