Dialogo tra Chiesa e comunità Lgbt+: tracce di bene in un cammino faticoso
01/13/2025 03:24 AM
Il 13 gennaio si celebra la giornata mondiale del dialogo su religioni e omosessualità. Il dialogo che Alfredo Ormando chiedeva col suo gesto estremo nel 1998 contiene oggi tracce di bene che vanno valorizzate.
Dal 1998, il 13 gennaio si celebra la giornata mondiale del dialogo su religioni e omosessualità. La data è quella in cui Alfredo Ormando, a 40 anni, si diede fuoco in piazza San Pietro come segno di protesta “contro la Chiesa che demonizza l'omosessualità”, come aveva scritto ad un amico qualche giorno prima, a Natale.
Il dialogo che Ormando chiedeva con quel gesto estremo ha preso, da allora, forme nuove, forse talvolta inattese, che oggi contengono – in germe o più mature – tracce di bene che richiedono di essere valorizzate in un contesto sociale in cui la comunità Lgbt+ si trova a far i conti di nuovo con una fatica che sembrava superata.
Di recente, la stagione sinodale – e il tempo che l'ha preparata e l'ha poi seguita – ha permesso se non altro di far emergere un confronto caratterizzato da una libertà che fino a qualche anno fa sembrava insperabile. E questo vale sia per il dibattito che ha animato il Sinodo dei vescovi che si è concluso lo scorso ottobre, sia per il cammino sinodale italiano che sta animando i cammini della diverse Chiese locali. L'Assemblea sinodale della Chiesa italiana è partecipata, oltre che dai delegati diocesani, da esperti designati dalla Presidenza della Cei, tra cui vi sono operatori pastorali impegnati direttamente nella pastorale Lgbt+ e referenti delle realtà associative volte a promuovere il dialogo tra Chiesa cattolica e persone Lgbt+.
Proprio lo Strumento di lavoro che sta accompagnando le Chiese locali nell'ultimo tratto del Cammino sinodale italiano – pubblicato appena prima di Natale – chiede di adoperarsi per “il passaggio da una pastorale per a una pastorale con le persone che si sentono non riconosciute e ai margini della vita comunitaria a causa dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere”, e di “impostare a livello nazionale dei cammini per le persone con orientamento omoaffettivo”.
In effetti, già da anni, non manca in alcune Diocesi italiane una attenzione pastorale specifica ai credenti della comunità Lgbt+. Si tratta di un lavoro di cui, per la sua stessa natura, solo una parte è visibile, ma tra i segni più chiari c'è il numero significativo di momenti che, nelle Diocesi, vengono organizzati per la Giornata internazionale contro l'omofobia, la transfobia e la bifobia, a volte partecipati direttamente dal Vescovo diocesano.
Le difficoltà restano, insieme alle resistenze e alle lentezze. Ma è necessario uno sguardo che sappia cogliere il buono, e metterlo in rilievo, proprio – come dice quello Strumento di lavoro – come “una voce profetica nel mondo di oggi […], in un'epoca segnata da diseguaglianze sempre più marcate”.
D'altra parte, la pretesa di decisioni di rottura più rapide e pronte va in controtendenza con la natura sinodale del cammino della Chiesa. Tale natura, infatti, chiede che le scelte siano esiti di processi che si formino spontaneamente nel corpo di quello che si chiama "il popolo di Dio". Ma, anche considerata la vastità di questo corpo – e la sua frammentazione culturale e sociale – non è possibile attendersi che tali processi siano immediati.
Le decisioni chiare e ultimative che si invocano da alcuna parte dovrebbero venire dall'alto; ma questo è il contrario dello stile sinodale del cammino della Chiesa, che invece somiglia di più ad un respiro che, profondo, anima lentamente tutto il corpo. D'altra parte, è solo se il corpo cresce insieme spontaneamente, senza forzature d'autorità, che ci si può assicurare che nessuno resti indietro, e che dunque nessuno vada perduto. Il che non significa semplicemente perduto dalla comunità ecclesiale, ma anche, per l'effetto, perduto dal cammino di affermazione piena della dignità umana. Sganciarsi da chi sta indietro forse fa fare qualche passo in più a chi è avanti, ma fa certamente fare mille passi indietro a chi si è lasciato.
Per questo respiro lento che fa da lievito a tutta la massa bisogna essere grati a tanti che, quotidianamente, si impegnano nel dialogo tra Chiesa e comunità Lgbt+, e soprattutto ai tanti gruppi di cristiani Lgbt+ e realtà associative alleate che, sparse pressoché ovunque in Italia, fanno il lavoro di frontiera.
Non c'è bisogno di essere cristiani Lgbt+ per capire quanto sia importante e per essere felici che una tra le più attive di queste realtà, l'Associazione La Tenda di Gionata, abbia il proprio pellegrinaggio a Roma nel calendario del Giubileo 2025, insieme ad altre associazioni di "frontiera" con i loro operatori pastorali. E spiace che, anche qui, non manchi il fuoco amico contro quello che, con fatica e sacrifici, si è costruito negli anni.
Chissà che direbbe Alfredo Ormando, a vedere, nella piazza San Pietro in cui si è dato fuoco, dei cristiani (come lui) Lgbt+ (come lui) che, senza vergogna dell'una o dell'altra cosa, partecipano al Giubileo, 26 anni dopo.
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