Effetto Corte Ue nei tribunali, liberati 8 tunisini. Ma il governo tira dritto e lunedì apre i centri in Albania, violando la Costituzione

Sui centri per migranti in Albania sarà di nuovo scontro tra il governo e la magistratura. Mentre l’esecutivo conferma l’apertura delle strutture, che potrebbero essere operative già da lunedì prossimo, in Italia i giudici tornano a disapplicare il decreto Cutro, stavolta con la benedizione della Corte di giustizia dell’Unione europea che, in una sentenza del 4 ottobre di cui il Fatto ha scritto in dettaglio, ha demolito il presupposto dell’esame accelerato delle domande d’asilo per cui è previsto il trattenimento: la provenienza da Paese di origine “sicuro”. Che, dice la Cgue, non vale ai fini di tali procedure se sono presenti eccezioni per parti di territorio o categorie di persone. Il che esclude 15 dei 22 Paesi che il governo considera sicuri, compresi quelli da cui provengono i migranti che si contava di portare in Albania. Infischiarsene, come sembra voler fare il governo, e portare comunque in Albania cittadini di quei Paesi significa, tra l’altro, violare la Costituzione.

Gli Stati membri sono tenuti a rispettare la sentenza, applicando la direttiva che regola la designazione dei Paesi sicuri in base alle indicazioni date. Né possono sottrarsi i giudici europei, che la Corte obbliga a verificare d’ufficio la legittimità della designazione di Paese sicuro. E così è stato. Il Tribunale di Palermo ha appena respinto 8 richieste di convalida di trattenimenti per procedure accelerate della Questura di Agrigento. Anche nel caso della Tunisia, prima per numero di sbarchi nel 2024 dopo Bangladesh e Siria, i giudici di Palermo hanno citato la Cgue, evidenziato le eccezioni disposte dalla Farnesina che non considera il Paese sicuro per le persone della comunità Lgbtqi+, respinto la richiesta di convalida e liberato tutti gli otto tunisini. Lo stesso vale per Bangladesh ed Egitto, anch’essi ai primi posti per numero di sbarchi. A parte i richiedenti di Capo Verde, che come ha evidenziato il Fattosi contano sulle dita di una mano, non rimane più nessuno da trattenere legalmente. Ma salvo dietrofront dell’ultimo minuto, Meloni e soci sembrano non sentire da quell’orecchio.

Domani nei centri di Shengjin e in quello di Gjader è attesa la stampa, soprattutto internazionale, per raccontare da vicino il “modello Albania” per cui diversi leader europei mostrano interesse, non solo a destra. Mentre l’operatività potrebbe arrivare già lunedì prossimo, in attesa dei primi trasferimenti di migranti. A inaugurare i centri, già nei prossimi giorni dovrebbero arrivare anche Meloni e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Già in settimana, dunque, il competente Tribunale di Roma riceverà dalla Questura capitolina le prime richieste di convalida per i trattenimenti a Gjader. Difficile immaginare come i giudici romani potranno discostarsi dai decreti firmati oggi a Palermo, obbligati come sono dalla sentenza della Cgue. A questo punto, se il governo non deciderà di fermarsi, si innescherà un copione già visto, quello dello scontro tra politica e magistratura, coi giudici accusati di sabotaggio. Al contrario, condurre in Albania cittadini di Tunisia, Egitto, Bangladesh e non solo, significa non rispettare la Corte Ue, violare il diritto dell’Unione nonostante le rassicurazioni date e, peggio ancora, violare la Costituzione italiana sulla quale Giorgia Meloni ha giurato, compreso l’articolo 117 che impone il rispetto “dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Per non parlare dei costi esorbitanti di un’operazione sulla quale, a questo punto, si allunga anche l’ombra del danno erariale.

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