Gli avvocati penalisti contro l'istituzione delle zone rosse: "Si rischiano pericolose compressioni delle libertà personali"

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Mentre il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi chiede ai prefetti di individuare zone rosse in tutte le città italiane, seguendo l’esempio di Milano, gli avvocati penalisti esprimono preoccupazione. “L'istituzione delle zone rosse è un’iniziativa manifesto di dubbia utilità per la sicurezza dei cittadini e di dubbia legittimità che rischia di determinare pericolose compressioni per i diritti di libertà della persona in chiave securitaria”, afferma il presidente delle Camere Penali italiane, Francesco Petrelli. “Anziché incrementare forme più efficienti e capillari di controllo dei territori da parte delle forze dell'ordine impone una sorta di progressiva militarizzazionedeltessutourbano“, sottolinea Petrelli ricordando che “la sicurezza delle città deve essere oggetto di tutela e di promozione ma le strategie adottate in materia devono sfuggire alla logica della pura comunicazione ed a sviluppiilliberali“.

A Milano, su iniziativa del prefetto Claudio Sgaraglia, sono state istituite 5 zone rosse che saranno in vigore fino al 31 marzo. Si tratta delle aree più delicate della città, ovvero piazzaDuomo, le zone della movida della Darsena e dei Navigli e le stazioni di PortaGaribaldi, Rogoredo e Centrale. Qui le forze di polizia potranno disporre l'allontanamento immediato di chi è violento, molesto o considerato pericoloso contribuendo, nelle intenzioni, ad aumentare anche la percezione di sicurezza. Il provvedimento prefettizio "contingibile e urgente" prevede, infatti, il divieto di stazionamento per chi è molesto o ha precedenti per droga, furti o rapine e altri reati che lo rendono un pericolo per la sicurezza pubblico.

Contro questo provvedimento si è espresso anche il Consiglio direttivo della Camera Penale di Milano: “Non possiamo, da avvocati penalisti, non preoccuparci per i riflessi che il provvedimento determina sulle garanzie individuali“, si legge in una nota dove fa riferimento anche “a considerazioni di tipo sociologico sui bersagli non dichiarati dell'iniziativa assunta dalla Prefettura di Milano (ove addirittura si evoca una sorta di presunzione di pericolosità per i giovani extracomunitari di ‘seconda generazione’)”.

“In primo luogo – scrivono i penalisti milanesi -, allarma il fatto che diritti tutelati a livello costituzionale e convenzionale, anche attraverso una esplicita riserva di legge, quali quelli alla libertà personale (l’allontanamento forzoso la viola senza dubbio) e di movimento, vengano compressi con provvedimenti dai contenuti tutt’altro che tipici, che rimandano a categorie impalpabili (atteggiamenti aggressivi, concreto pericolo per la sicurezza pubblica?), e di durata non corrispondente alle presunte ragioni di urgenza legittimanti il provvedimento di natura eccezionale”. In questo modo, per la Camera Penale di Milano, “si sottrae spazio al controllodemocratico garantito dal procedimento legislativo e, attraverso interventi di softlaw, s’interviene su libertà fondamentali del cittadino“.

Un'ulteriore preoccupazione, aggiungono, è che “tali provvedimenti si rivolgano contro persone destinatarie di mera segnalazioneall'autoritàgiudiziaria, contrario al principio della presunzionedinoncolpevolezza e peraltro anche al buon senso, trattandosi in diversi casi di tipologie di reato perseguibili a querela suscettibile di remissione. Infine – conclude la nota – sorprende che la Prefettura adotti tale provvedimento nonostante analoghe ordinanze, sempre ispirate da logiche securitarie e accompagnate da campagne emergenziali, siano state annullate dai giudiciamministrativi proprio per le ragioni poc’anzi esposte”.

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