Ha ragione Billy Corgan quando mette gli Smashing Pumpkins tra le band più incomprese della storia?

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Billy Corgan, frontman degli Smashing Pumpkins, ha recentemente dichiarato nel podcast di Joe Rogan che la sua band è "una delle più incomprese della storia del rock".
Un'affermazione che suona più come una richiesta di riconoscimento che come un invito al confronto. Ma proprio per questo può offrire lo spunto per rileggere il percorso della formazione, al di là del culto e della nostalgia che ancora ne avvolgono il nome.

A quasi trent'anni dall'apice della loro notorietà, forse è il momento giusto per farlo. Perché a volte non si tratta di incomprensione, ma di una comprensione piena e di un giudizio ponderato. Nei consueti nove punti di questo blog, provo a spiegarvi quel che penso di loro. Fatemi sapere se sei d'accordo, magari nei commenti a seguire, oppure sul mio profilo pubblico di Facebook connesso a questa pagina.

Cominciamo!

1. Una voce che divide
La voce di Billy Corgan è uno degli elementi più distintivi – e divisivi – degli Smashing Pumpkins. Sempre in bilico tra falsetto e lamento, tende a spingere sull'enfasi, risultando più affettata che realmente espressiva. Per alcuni è un marchio riconoscibile, per altri un limite che appesantisce la fruizione dei brani. In un panorama anni 90 ricco di frontman capaci di dosare intensità e misura, quella di Corgan sembra spesso incapace di contenersi, trasformando ogni interpretazione in una dichiarazione sopra le righe.

2. Un'estetica irrisolta
Nel corso della loro carriera, gli Smashing Pumpkins hanno costruito un immaginario visivo e sonoro che spesso si è rivelato indeciso nella direzione, sospeso tra suggestioni gotiche, derive pop e ambizioni concettuali. L'estetica della band ha oscillato senza trovare un vero equilibrio, alternando atmosfere oscure a momenti di leggerezza melodica che, più che fondersi, sembrano scontrarsi. Il risultato è una visione stilistica frammentaria, più evocata che effettivamente compiuta.

3. La teatralità come forma, non come sostanza
La teatralità è stata una componente ricorrente nel loro approccio, tanto nella costruzione dei dischi quanto nelle esibizioni dal vivo. Ma più che un mezzo per amplificare il contenuto emotivo, è sembrata spesso una sovrastruttura estetica. Tra pose enfatiche, concept elaborati e un uso insistito della simbologia, la band ha coltivato un immaginario carico, che raramente ha trovato corrispondenza in una reale profondità espressiva. Una forma intensa, ma spesso priva di sostanza duratura.

4. Il peso dell'ambizione
Corgan e soci hanno spesso concepito la loro musica come un'opera monumentale. Dischi lunghissimi, produzioni stratificate, concept impegnativi: tutto suggerisce una forte volontà di lasciare un segno. Ma questa ambizione, invece di valorizzare il contenuto, non lo ha forse sovraccaricato? In più di un'occasione, la musica sembra voler dimostrare qualcosa a tutti i costi, perdendo in spontaneità e incisività.

5. Quando il progetto ambizioso ha funzionato
Mellon Collie and the Infinite Sadness è il vertice creativo e produttivo della band. Un'opera ambiziosa e dispersiva, ma capace di restituire l'immaginario degli Smashing Pumpkins nella sua forma più compiuta. Un risultato reso possibile anche dal percorso precedente: Gish (1991) e Siamese Dream (1993) hanno tracciato la traiettoria. Ma è con Mellon Collie che quell'ambizione ha finalmente preso una forma solida e riconoscibile.

6. L'egemonia di Corgan
Con il passare degli anni, il progetto Smashing Pumpkins si è sempre più identificato con la figura del suo mentore. Una leadership creativa forte può essere una risorsa, ma quando diventa controllo assoluto, soffoca il contributo degli altri. Questa egemonia ha finito per relegare gli altri membri – o almeno così è stato percepito – al ruolo di semplici turnisti. Il gruppo ha perso coralità, tensione creativa, e parte della sua identità originaria.

7. La frattura con D'arcy Wretzky
L'uscita di D'arcy Wretzky ha segnato un momento di rottura silenziosa ma significativa nella storia della band. Più che una semplice variazione di formazione, ha rappresentato la fine di un'energia originaria, di un equilibrio interno che contribuiva al suono e alla presenza scenica del gruppo. La sua assenza non è mai stata davvero colmata, né a livello musicale né simbolico. In quel vuoto, si è fatta ancora più evidente la centralità esclusiva di Corgan, con tutte le conseguenze del caso.

8. Una scena affollata e più incisiva
Gli anni '90 hanno prodotto un numero straordinario di formazioni capaci di intercettare il disagio, la trasformazione e l'identità di una generazione. All'interno di quel panorama – da Nirvana a Radiohead, da Nine Inch Nails a Sonic Youth, e molti altri ancora – gli Smashing Pumpkins hanno faticato a mantenere una posizione realmente centrale. Diverse band hanno espresso una maggiore urgenza creativa, una coerenza più solida o una ricerca più radicale. Nella comparazione, la proposta dei Pumpkins risulta meno incisiva, meno necessaria.

9. Un'eredità più evocata che vissuta
A distanza di anni, ciò che resta degli Smashing Pumpkins è più l'idea di ciò che avrebbero potuto essere che l'impronta reale lasciata. Le ambizioni erano alte, i mezzi non sempre all'altezza. La loro eredità si è cristallizzata in un ricordo non pienamente definito, evocato più per immaginario che per impatto concreto. Una band che ha alimentato aspettative, ma che soltanto a tratti ha saputo davvero mantenerle.

9 canzoni 9… degli Smashing pumpinks
Come di consueto a margine degli articoli di questo blog potete ascoltare gratuitamente sul mio canale Spotify, una playlist dedicata.

L'articolo Ha ragione Billy Corgan quando mette gli Smashing Pumpkins tra le band più incomprese della storia? proviene da Il Fatto Quotidiano.

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