I medici contro il Papa: "Mette un marchio di infamia su chi pratica aborti. È ingerenza". Il Belgio convoca il nunzio apostolico
10/03/2024 12:23 PM
A quattro giorni dal nuovo attacco del Papa contro i medici che praticano l’interruzione di gravidanza, definiti “sicari“, l'Ordine dei Medici di Torino chiede al governo di “valutare una ferma presa di posizione nei confronti dello Stato della Città del Vaticano“. “Come mediche e medici – rivendica l’Ordine – rispettiamo i diritti riconosciuti dallo Stato italiano” e “non giudichiamo le decisioni assunte dalle persone sulla propria salute“. Le affermazioni del Pontefice, si legge nella lettera inviata al ministro della Salute Orazio Schillaci e al ministro degli Esteri Antonio Tajani, attribuiscono invece “un marchio di infamia sulla categoria”, oltre a essere “al limite dell'ingerenza nella legittimità di una norma di legge del nostro Stato”.
La lettera è firmata dal presidente, Ottavio Giustetto. “Rinnoviamo la sorpresa e il dispiacere che esprimemmo direttamente al Papa nell'ottobre del 2018, quando già allora appellò pubblicamente con il termine ‘sicari’ i medici non obiettori che praticano l'interruzione di gravidanza”, si legge. Segue la richiesta di arginare l’ingerenza vaticana sulle leggi dello Stato italiano. Come sta accadendo in Belgio dove sabato scorso Bergoglio lo ha definito “legge omicida” la locale norma sull’aborto annunciando l’avvio del processo di beatificazione di Re Baldovino che nel 1992 abdicò per 36 ore per non promulgare la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
Il premier Alexander De Croo durante un'audizione al Parlamento federale belga ha pronunciato una dura condanna di quelle parole. “Le osservazioni del Papa sono inaccettabili“, ha detto, “in particolare quando ha definito la legge del 1980 sulla depenalizzazione dell'aborto come una legge criminale. Non abbiamo lezioni da imparare”. Il premier ha riferito di aver convocato il nunzio apostolico per trasmettergli il messaggio. “Chiedo rispetto per i medici che svolgono il loro lavoro nei limiti del quadro legale” e “per le donne che devono poter decidere liberamente”.
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