Il primo passo del Regno Unito verso l'eutanasia. La legge riguarderà gli over 18 con meno di 6 mesi di aspettativa di vita

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Mentre in Italia si attende ancora che il Parlamento legiferi sul fine vita – delicatissimo tema su cui è stata chiamata almeno due volte la Corte Costituzionale (l’ultimo intervento è del luglio scorso, ndr) i parlamentari del Regno Unito, dopo cinque ore di discussioni, hanno dato il primo via libera a una proposta di una legge ad hoc per legalizzare “il diritto dei malati terminali alla morte assistita”. La prima votazione è avvenuta alla Camera dei Comuni, in forza di una maggioranza trasversale segnata dai sì di 330 deputati contro 275 no. La norma, denominata Terminally Ill Adults (End of Life) Bill, prevede la possibilità di chiedere di mettere fine alla propria esistenza – con il consenso e l'assistenza dei medici – a qualunque paziente dai 18 anni in su che abbia una diagnosi di aspettativa di vita di non oltre sei mesi.

Il governo di Keir Starmer, che contava ministri favorevoli e altri contrari, ha lasciato libertà di voto all'attuale maggioranza laburista su “una questione di coscienza”; sebbene a promuovere il progetto sia stata una deputata del Labour come Kim Leadbeater, sorella di Jo Cox, parlamentare uccisa nel 2016. I parlamentari si sono espressi con interventi di segno opposto come prevedibile per un tema così delicato e che attiene alla sfera della libertà personale. Tra i contrari, tanto Edward Leigh, veterano Tory, quanto la laburista di sinistra Diane Abbott, Mother of the House in veste di deputata donna di più lungo corso, hanno denunciato il rischio che il testo – così come concepito – possa non assicurare “salvaguardie” sufficienti contro il timore di “coercizione” o condizionamento di malati gravi da parte del sistema sanitario. Tra i sì anche quello del premier Starmer, sia quello dell'ex premier conservatore Rishi Sunak.

Mentre in aula si dibatteva fuori si manifestava: come riporta l’Ansa decine di sostenitori della legge si sono radunati con magliette rosa e con cartelli dove si poteva leggere: “My life my death my choice”. Dall’altra parte gli oppositori alla legge, incluse alcune infermiere specializzate nelle cure palliative, sui cui poster era invece scritto: “Don’t ask doctors to be killers”.

Contrarietà era stata espressa del resto nei giorni scorsi da rappresentanti delle maggiori confessioni religiose del Regno (cristiani, ebrei, musulmani, indù), nel timore di una svolta verso la “cultura del suicidio”. Mentre i promotori insistevano sulla “libertà di scelta”, assicurando tutele e cautele non senza ricordare le norme analoghe di altri Paesi europei e l’impennata dei britannici favorevoli testimoniata da alcuni sondaggi sotto la spinta d'incessanti campagne pubbliche animate da attivisti, associazioni e figure note come Esther Rantzen: un'ex giornalista tv 84enne, alle prese con un tumore all'ultimo stadio, che ora spera di vedere la legge in vigore prima dell'addio.

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