"In 20 anni gli occupati under 35 sono calati di 2,2 milioni e quelli tra 50 e 89 anni saliti di 4,9. Sviluppo e sostenibilità del welfare a rischio"
Ieri alle 10:13 AM
L'Italia è entrata in una fase caratterizzata da un impoverimento senza precedenti del potenziale della forza lavoro. Che va di pari passo con l'aumento della popolazione anziana nelle età tradizionalmente inattive. Una trasformazione che rischia di sfociare in un “avvitamento verso il basso delle possibilità di sviluppo, di competitività, di produzione di ricchezza e di sostenibilità del sistema sociale“. L'andamento demografico ha infatti fatto crollare gli occupati con meno di 35 anni e raddoppiare quelli tra i 50 e i 64 tra il 2004 e il 2024. La prima platea è passata dai 7,6 milioni del terzo trimestre 2004 a 5,4 milioni nel terzo trimestre 2024, con un calo di oltre due milioni di unità. Mentre nello stesso periodo gli occupati tra i 50 e i 64 anni sono passati da 4,5 milioni a oltre 8,9. È quanto emerge dal rapporto del Cnel “Demografia e forza lavoro”, curato dal demografo e consigliere Cnel Alessandro Rosina. Calo significativo anche per gli occupati tra i 35 e i 49 anni, scesi da 9,8 milioni a 8,8.
Se poi si guarda anche a quanti continuano a lavorare dopo i 64 anni emerge che gli occupati tra i 50 e gli 89 anni sono passati in 20 anni da 4,87 milioni del terzo trimestre 2004 a 9,78 nello stesso trimestre del 2024: quasi cinque milioni di unità in più grazie all'invecchiamento della popolazione e alla stretta sull’accesso alla pensione. “In termini relativi – spiega il Rapporto – l'incidenza degli under 35 sul totale degli occupati è scesa negli ultimi vent’anni da valori superiori al 33% (quindi oltre 1 su 3) al 23% (meno di 1 su 4). Al contrario l'incidenza degli occupati di 50 anni e oltre è aumentata (sia per le dinamiche demografiche sia per l'aumento dei tassi di occupazione, favoriti anche dallo spostamento in avanti dell'età alla pensione) passando da poco più del 20% a oltre il 40%”. La fascia centrale tra i 35 e i 49 anni è entrata in diminuzione più recentemente, scendendo dal 47% al 37%. Dopo la pandemia il tasso di occupazione tra i 25 e i 34 anni è cresciuto passando dal 63% al 68% del 2023. “Un segnale che la carenza di manodopera sta incentivando le aziende e le organizzazioni a cercare di essere più attrattive verso le nuove generazioni”. Il divario rispetto alla media Eu-27 sul tasso di occupazione rimane però molto ampio: di quasi 15 punti percentuali per la fascia 15-24 e di oltre 10 punti percentuali per la fascia 25-34.
L'Italia ha poi un indice di dipendenza degli anziani (rapporto tra 65 e più su popolazione tra i 20 e i 64 anni) che ha superato il 40% e si trova di circa 14 punti percentuali sopra la media Ue-27. Secondo le previsioni Eurostat potrebbe continuare a salire fin oltre il 65%. L'indice di dipendenza economica (inattivi di 65 anni e oltre su occupati tra i 20 e i 64 anni) ha superato il 60%, anch'esso circa 14 punti percentuali sopra la media europea). Il problema non è l'aumento del numeratore, legato all'aumento della longevità (sfida comune a tutte le economie mature avanzate), quanto la maggior riduzione del denominatore.
Per contrastare la riduzione dell'occupazione nella fascia più giovane, auspica Rosina, è necessario mettere in atto politiche per far crescere l'occupazione femminile e giovanile anche attraverso politiche di conciliazione vita-lavoro. “Oltre a politiche pubbliche più incisive (sulla transizione scuola-lavoro, sulla conciliazione tra tempi di vita e lavoro, sull’integrazione) – si legge – serve anche una maggiore capacità delle aziende e delle organizzazioni italiane di andar oltre l'idea di una forza lavoro tipica del XX secolo con al centro la figura del maschio adulto per valorizzare tutte le componenti della popolazione in età attiva, con attenzione alle loro specificità (nuove generazioni, donne, immigrati) e favorendo condizioni di una lunga vita attiva (attraverso le misure di Age management). Paradossalmente, proprio per il fatto di aver sottoutilizzato tali componenti l'Italia ha attualmente maggior margine di spinta positiva su occupazione e crescita economica. Una migliore valorizzazione da combinare anche con le opportunità, non scontate, offerte dalle nuove tecnologie”.
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