Juventus e Bologna sullo stesso trend dell'anno scorso. Nonostante Thiago Motta

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Unite in estate dal trasferimento di Thiago Motta, con l’addio alla panchina rossoblù per passare su quella bianconera, unite anche da un trend che sembra essere lo stesso dello scorso anno. Juventus e Bologna, rispetto alla scorsa stagione, sembrano esattamente le stesse e lo dicono anche i freddi numeri, che spesso non spiegano tutto e possono diventare fuorvianti, ma che in alcuni casi forniscono un esauriente supporto alle analisi, specie nel mondo del calcio.

E alla fine, è proprio il tecnico a salire sul banco degli imputati, doppiamente: con lui al posto di Allegri la squadra sta ottenendo gli stessi pessimi risultati già visti nel girone di ritorno dello scorso campionato, alterna belle prestazioni ad altre scadenti e sta vincendo pochissimo, mentre se il raffronto lo si fa con le prime sedici dello scorso anno, diventa impietoso. Questo perché quella Juve che stava duellando con l’Inter per il titolo ne aveva vinte 11 giunti a questo punto, con 4 pareggi e una sconfitta, un ko anche per il nuovo corso mottiano, ma con sole 6 vittorie e una serie spaventosa di pareggi, ancora aperta peraltro. 37 punti a 28, un -9 che pesa e che fa tornare alla ribalta gli estimatori del mister livornese.

Il Bologna, invece, con Vincenzo Italiano, dopo un fisiologico periodo di adattamento, in quindici partite (una si deve ancora giocare, a febbraio probabilmente, quella rinviata tra le polemiche contro il Milan) ha totalizzato 25 punti, guardacaso gli stessi nello stesso lasso di tempo di inizio stagione con Motta lo scorso anno, e con una squadra che ha perso però Zirzkee e Calafiori lungo la strada.

LA JUVE DI MOTTA E I PRIMI BILANCI PARZIALI

Fatte queste premesse, consultati questi numeri, viene spontanea una domanda: non è che il problema della Juventus non era solo Allegri e il segreto del Bologna non era solo Motta? In altre parole, quanto del miracolo Bologna, con la qualificazione in Champions e il netto salto di qualità, è da attribuire al giovane allenatore ed ex centrocampista della Nazionale, e quanto le difficoltà incontrate in bianconero, e soprattutto l’altalena nelle prestazioni e nei risultati, sia da imputare a lui e al suo staff, così come fatto pedissequamente in Primavera (e in verità in tutto il precedente triennio) nei confronti di Allegri?

Non siamo che arrivati a nemmeno un terzo di questa stagione ed è innegabilmente presto per tracciare delle righe e fare dei bilanci. O meglio, bilanci sì, ma asssolutamente parziali. Il calcio c’ha insegnato che quanto accaduto fino a dicembre può essere spazzato via con facilità a fine anno e questa Juve è assolutamente in tempo per cambiare marcia e correre, come del resto fatto in Champions, dove il successo col City è stato la cieligina che ha regalato di fatto il pass per entrare nei playoff con chance di ottavi diretti ancora esistenti, eccome. In campionato, però, non si può continuare a pareggiare e sei vittorie in sedici partite costituisce un record negativo tremendo. I 28 punti della Vecchia Signora, invece, sono gli stessi del Bologna di Motta un anno fa dopo sedici giornate, e allora l’intreccio coi numeri prosegue e i parallelismi si sprecano.

MOTTA E IL SUO 2024 TRA BOLOGNA E JUVENTUS: PAROLA CHIAVE EQUILIBRIO NEI GIUDIZI

Insomma, se è vero che Motta non ha fatto meglio degli ultimi mesi di Allegri e ha fatto molto peggio rispetto all’avvio della scorsa stagione, e se è vero che il Bologna, con Italiano al posto di Motta in panchina, ha esattamente gli stessi punti, segna di più e subisce di più, viene naturale pensare che la Juventus abbia un problema atavico e strutturale, una rosa forse non all’altezza dell’obiettivo che inseguono i tifosi, interpreti probabilmente non adatti né al gioco di Allegri né a quello di Motta. E dunque, non era colpa di Allegri e non è del tutto colpa di Motta, semplicemente serviva, serve e servirà un altro po’ di tempo, ma soprattutto di testardaggine nel supportare il nuovo tecnico e le sue idee. I fischi e i battibecchi con i giocatori, di fatto, servono a nulla.

Allo stesso modo, quanto di buono fatto da Italiano a Bologna può testimoniare come i meriti della scorsa annata, spesso identificati nella figura di Motta, possano serenamente essere – con un ragionamento intellettualmente onesto – distribuiti tra l’allenatore, i giocatori, chi li ha scelti, bussare alla voce del genio di Sartori, e anche a una proprietà ambiziosa come quella di Saputo ma capace di limitare le pressioni al minimo indispensabile. Con la consapevolezza che tutto può cambiare nel giro di poche settimane, fin qui la parabola di Motta nel suo intenso 2024 ci mostra come l’equilibrio nei giudizi sia sempre più un illustra sconosciuto nel mondo del calcio.

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