Le riunioni di Furio Colombo all'Unità? Beatles, Eco, Joan Baez: pezzi di storia vissuti da cronista
Ieri alle 10:57 AM
Ma voi l’avete mai vista una riunione di redazione con Furio Colombo? Per noi, all’epoca giovani giornalisti dell’Unità rimessa in piedi da lui e da Antonio Padellaro, era come doveva essere per i nostri nonni andare al cinematografo. Perché lui, già un signore che aveva fatto un pezzo di storia di questo mestiere, con un’aria nobile a cui mancava solo la tazza di thè, i biscotti e il caminetto dietro, iniziava a collegare cose che erano capitate in una via di Roma o di Milano e che erano rotolate sul tavolone bianco della riunione, con eventi che erano stati un pezzo della storia del mondo. Eventi a cui lui, giornalista, aveva assistito di persona.
Racconti assurdi, lui con i Beatles in India, nell’albergo dove ammazzano Robert Kennedy, sopra il concerto di Woodstock in elicottero, nella Rai degli esordi assieme a Umberto Eco. O di quando aveva accompagnato Che Guevara a New York. Parlava, collegava, spiegava, immaginava e frattanto aveva l’occhio sempre su quella sua America, dove, diceva, c’era un giovane delegato di colore che avrebbe fatto strada, tal Barack Obama.
Per me, che all’epoca giravo per Roma col TuttoCittà inseguendo sgomberi, trasporti, fascisti e immigrati, come per quegli altri ragazzi che avrebbero poi fatto i giornalisti in redazioni e direzioni diverse, pensare di lavorare assieme a un collega che frequentava Joan Baez, aveva un’idea del mondo, raccontava e cuciva, era uno stimolo a imparare il mestiere, una molla per dire "forse non conoscerò Kissinger e Bob Dylan, ma quanto può essere bello questo lavoro se fatto bene?".
A quelle riunioni potevano parlare tutti, anche gli ultimi arrivati come noi, quelli col taccuino pieno di scarabocchi che provavano a mettere in fila frasi senza balbettare troppo per ottenere un pezzo nel giornale. Una volta, ero stagista in cronaca, impattai in una notizia grossa (nessun intuito, solo per il fatto di essere presente), con dei ragazzi picchiati accanto all’università di Roma Tre dove era previsto un intervento di Gianni Alemanno, all’epoca ministro dell’Agricoltura di un governo Berlusconi. Incontro blindato e protetto da giovani di destra.
Tra il giustificato terrore dei capi ("ma siamo sicuri? E’ lo stagista"), il direttore aveva deciso che quel pezzo avrebbe aperto il giornale. Fui convocato nella sua stanza per dettagliare il racconto assieme a diversi capi. Lui sorrise e disse "facciamo cronaca". Perché poi, la base del mestiere, che tu ti trovi davanti mezzo milione di persone che ballano in un prato diventato fango o un ragazzo a cui hanno rotto un braccio, resta sempre quella: vedere, capire, raccontare. Con o senza la tazza di thè.
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