Numerologia lynchiana: il maestro del cinema, le date e le figure chiave a cui lo lego
Oggi alle 03:58 AM
Oggi avrebbe compiuto 79 anni David Lynch, il geniale maestro della settima arte la cui scomparsa, avvenuta il 15 gennaio scorso, ha scatenato una incessante, quanto meritata, serie di omaggi, tributi e approfondimenti della sua opera, sia da parte della critica, che soprattutto di milioni di ammiratori, maniacali esegeti delle innumerevoli possibilità di interpretazione delle sue creazioni.
Uno dei "poteri" dell'artista è stato quello di saper creare un campo di fascinazione psichica in cui attirare i suoi spettatori: è esperienza comune, per chiunque sia un cultore delle sue opere, quella di "rimanere" nel film, o nella serie nel caso di Twin Peaks, ovvero passare giorni e settimane (nei casi meno cronici) a rivivere le sensazioni destate dalla visione, a rimuginare sui possibili significati, a pensare alle vicende dei personaggi, come se si fosse immersi nello stesso piano di realtà della narrazione filmica.
Poiché Lynch ci ha mostrato, come da sua poetica, che "perdersi è meraviglioso" e che bisogna immergersi "in acque profonde", dal punto di vista dell'ispirazione inconscia, credo sia pertinente sottolineare la trama di sincronicità che ha avvolto poeticamente la sua scomparsa.
Innanzitutto, la data di nascita, condivisa dal regista statunitense con il nostro Federico Fellini, suo dichiarato maestro, assieme a lui esploratore principe della dimensione onirica sul grande schermo (il regista di Amarcord nell'aspetto più carnevalesco e circense, il Nostro più spesso in quello dell'incubo). Altre sono le coincidenze significative che legano Lynch all'autore di uno dei suoi film preferiti (ovviamente, l'epocale capolavoro 8½): il comune destino di essere diventato un aggettivo (sogno da sempre del regista romagnolo), che Lynch condivide anche con il suo scrittore preferito, Franz Kafka (e "lynchiano" indica proprio una dimensione del perturbante tra incubo angosciante e umorismo surreale che sembra quasi la sintesi concettuale tra "kafkiano" e "felliniano"); aver potuto incontrare Fellini la notte prima della sua scomparsa, quasi in un ideale passaggio di consegne fra ricercatori dell'Inconscio sul grande schermo.
Questo momento di passaggio e sovrapposizione fra vita e morte (cardine della visione spirituale di Lynch, come nella frase iconica del suo personaggio più noto, Laura Palmer, che proclama "I am dead yet i live"), lo lega anche a un altro grande genio del perturbante, David Bowie (la cui morte fu annunciata nel 2016 due giorni dopo il suo compleanno, in una data appena cinque giorni precedente a quella della scomparsa di Lynch): sarebbe sciocco ridurre la collaborazione fra i due alla mera partecipazione del Duca Bianco alla colonna sonora di Strade Perdute e alla precedente apparizione in Fuoco cammina con me; quello che da un punto di vista superficiale potrebbe apparire un semplice cameo, in realtà è un bellissimo omaggio al ruolo mercuriale dell'artista inglese: Lynch ha reso Bowie, nel citato prequel del '92, la figura chiave per comprendere l'epopea orfica di Twin Peaks, soprattutto per come appare, nella compiuta rivelazione del suo significato gnostico, nell'ultima stagione The Return del 2017 (ambientata venticinque anni dopo la vicenda originale, come profetizzato da Laura Palmer nell'ultima puntata della seconda stagione del '91).
Ho sempre collegato a Lynch un'altra, mastodontica figura artistica, più che mai in questi giorni: Bob Dylan, il cui biopic (sorprendentemente convincente) A Complete Unknown di James Mangold è stato presentato in Italia il giorno dopo la scomparsa del regista. Il legame può sembrare meno evidente: eppure, non solo Lynch ha raccontato una sua curiosa esperienza con l'erba a un concerto di Dylan, non solo ha citato nei suoi divertentissimi "weather report" quotidiani la canzone Things Have Changed e i versi chiave di All Along The Watchtower ("There are many here among us who feel that life is but a joke/ But you and I, we've been through that, and this is not our fate"), non solo ha effettuato una pregnante cover di Ballad of Hollis Brown, ma personalmente credo sia stato influenzato nel suo immaginario dalle visioni psichedeliche dylaniane (ascoltate Ballad of a Thin Man e "vedrete" un suo corto "girato" nel 1965).
Al di là della seduzione formale del suo stile, vi invito all'approfondimento dell'opera di Lynch, uno dei pochi artisti (assieme agli altri citati) a riuscire a esprimere il senso del Sacro e del Mistero nel deserto spirituale contemporaneo.
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