Oliviero Toscani, non confondiamo un fotografo di carattere col carattere di un fotografo
Oggi alle 03:55 AM
Partiamo da un dato: il coraggio delle parole, anche dure, sempre pronunciate in tutte le occasioni, Oliviero Toscani lo ha messo anche in quelle dette sulla propria malattia e sulla morte ormai vicina. Divisivo lo è sempre stato da vivo, e divisivo lo è anche ora, da morto: basta infilarsi nei social per accorgersi di quanti continuino a scagliarsi contro di lui. Ma pochi ne parlano come fotografo, i più si ergono a giudici dell'uomo.
Che Toscani avesse un ego "esagerato", amasse la polemica, la provocazione, la battuta apodittica, non senza una dose di narcisismo, è innegabile. E dunque? E' una vecchia storia: in troppi hanno la tendenza moralistica ad arrogarsi il ruolo di fustigatori dei "costumi individuali" perdendo di vista quelli collettivi. Ma se parliamo di un fotografo di carattere come lui, non dobbiamo necessariamente occuparci del carattere di quello stesso fotografo.
Volessimo occuparci della personalità di molti grandi tra artisti, scrittori, attori, registi o musicisti, dovremmo iniziare a cancellare un grande numero di capolavori dalla faccia della Terra.
E allora, torniamo a parlare di fotografia, per favore.
Su questo terreno, Oliviero Toscani è stato quello che si definisce un Maestro. Eppure, anche nello specifico, ha sempre avuto schiere foltissime e agguerrite di detrattori, i quali spesso sostengono che non si tratta di un grande fotografo ma "solo" di un bravo comunicatore. Come se un fotografo non fosse, costitutivamente, sempre un comunicatore.
Le contestazioni gli sono arrivate principalmente per le campagne pubblicitarie "politicamente scorrette" e volutamente provocatorie, con l'accusa di cinismo bieco nell'usare tragedie e sofferenze altrui al servizio del marketing e dunque del fatturato. Ma la controreplica che ha sempre offerto Toscani sembra molto sensata: non erano tanto i brand a usare lui per vendere, quanto era lui a usare i brand per diffondere fotografie socialmente importanti e utili. Messaggi contro la guerra, contro il razzismo, contro la pena di morte e molto altro, veicolati verso occhi di miliardi – sì, miliardi – di persone grazie a campagne pubblicitarie mondiali.
Lui, figlio di un fotoreporter (Fedele Toscani), affermava di fare a sua volta reportage, usando se necessario perfino foto di altri autori.
Sembra indicibile, ma l'approccio fotografico di Oliviero Toscani era profondamente etico.
Lo era perfino quando utilizzò la foto di una modella gravemente anoressica nuda per la campagna pubblicitaria di una griffe. Ragazza che di lì a poco morì, e Toscani fu prevedibilmente travolto da insulti e polemiche.
Ma quanti avevano analizzato che Toscani aveva imposto, come condizione, che un manifesto gigantesco di quella campagna troneggiasse sulla facciata di un palazzo in Piazza San Babila a Milano, proprio nel cuore della città della moda, e proprio durante la Fashion Week? Tutto il mondo della moda è passato, in quei giorni, sotto quella fotografia e l'ha vista. L'intento di Toscani era dare uno schiaffo a quel sistema-moda che impone modelli sbagliati rispetto al corpo, i quali poi diventano riferimento e parametro sociale per tante ragazze che passivamente aspirano proprio a quei modelli, con l'anoressia tra le possibili conseguenze.
Fin troppo ovvio, poi, sottolineare quanto Oliviero Toscani abbia anticipato i tempi su estetica, comunicazione, ibridazione di linguaggi.
Il suo percorso creativo, se guardato senza giudizi e pregiudizi, può aprire la mente, può aiutare a superare le convenzioni estetizzanti, rassicuranti, politicamente corrette e ruffiane di molta fotografia di oggi e di ieri.
Oliviero Toscani insegna in fotografia a togliere il superfluo, ripulire dal ridondante, rendere le immagini essenziali e di conseguenza più penetranti, trovare l'essenza di un tema per attivare l'attenzione o l'allarme, obbligandoci a riflettere e a farci domande, a costo magari di dover rivedere le nostre certezze.
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