Pfas, bonificare l'Europa costerà miliardi: l'inchiesta sulla campagna delle lobby per evitare divieti a produzione e regole restrittive
Ieri alle 10:43 AM
Per sette decenni la Terra è stata avvelenata dai Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche prodotte da una manciata di aziende ed ora, solo in Europa e nel RegnoUnito, bonificare l'ambiente dagli inquinanti eterni potrebbe costare oltre duemila miliardi di euro nei prossimi vent'anni, con una spesa di 100 miliardi di euro all'anno. Chi paga? Non certo le aziende che stanno facendo di tutto per continuare a produrre Pfas. Dopo l'inchiesta che nel 2023 ha identificato 23mila siti contaminati da Pfas in Europa, torna l'indagine giornalistica Forever pollutionproject, coordinata da Le Mondecon il coinvolgimento di 46 giornalisti e 29 partner mediatici provenienti da 16 Paesi. Per l'Italia, l'Espresso, RADAR Magazine, Il Bo Live, Facta.eu e Lavialibera. Al centro dell'inchiesta, i costi della contaminazione e sulla campagna delle lobby per evitare divieti alla produzione e regole più restrittive. Al momento, infatti, l'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) sta esaminando una proposta presentata da Danimarca, Germania, PaesiBassi, Norvegia e Svezia per introdurre un ampio divieto sui Pfas, con alcune esenzioni limitate nel tempo per i settori in cui non ci sono alternative adeguate. Il fascicolo passerà poi alla Commissione Ue per preparare una proposta finale perché sia approvata dagli Stati membri dell'Ue. L'inchiesta, con il partner editoriale Arena for Journalism in Europe, in collaborazione con l'osservatorio sulle lobby Corporate EuropeObservatory, si basa su 14mila documenti inediti che svelano come l'azione delle lobby, tra lettere, documenti allarmistici e fuorvianti e incontri diretti con la Commissione e altri decisorieuropei, sia già riuscita a ridurre l'ambizione mostrata da Bruxelles solo pochi anni fa.
I Pfas sono ovunque. E pure le lobby –Eppure è ormai dimostrato che i Pfas sono sostanze chimiche estremamentepersistenti: non si decompongono, ma rimangono per secoli nell'ambiente. Una di queste sostanze, il Pfoa, è stato classificato come cancerogeno per le persone, mentre l'esposizione a diverse molecole Pfas può causare problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro al rene e ai testicoli e impatti negativi sulla fertilità. Si parla di oltre 10mila sostanze chimiche prodotte da poche aziende e utilizzate a loro volta per realizzare prodotti di consumo e apparecchiature industriali. Si va dalla carta igienica all'isolamento dei cavi negli aerei, dagli impermeabili, alle pentole e ai cosmetici. Come racconta, in particolare, la nuova relazione di Corporate Europe Observatory (Ceo) 'Reazione chimica', sono diverse le strategie con cui l'industria chimica e della plastica sta cercando di influenzare i lavori della Commissione Ue. "È uno scandalo enorme che dimostra l'entità degli interessi industriali ed economici in gioco" spiega a ilfattoquotidiano.itGiuseppeUngherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. E ricorda che, anche in Italia, di recente si è assistito a tentativi di "nobilitare" i Pfas: "Non solo nel rapporto stilato da Draghi sul rilancio dell'Ue, ma anche nell'ambito delle deposizioni di alcuni consulenti delle società imputate al processo Miteni in Veneto che hanno minimizzato gli impatti sanitari sulla popolazione". Quindici le direzioni generali sotto osservazione a Bruxelles per l'inchiesta: "Non solo l'Esecutivo dell'Ue non ha misure specifiche in atto per proteggersi da questainfluenza – rivela Ceo – ma in alcuni casi sta offrendo un fermo incoraggiamento ai lobbisti e rassicuranti indicazioni sul suo futuro processo decisionale".
Le lobby più attive – Secondo l'inchiesta, la campagna delle lobby aziendali si basa "su interpretazioni, studi e prove scientifiche finanziati dal settore, allarmismi e dichiarazioni infondate". Le aziende sfruttano servizi di consulenza e studilegali, finanziano valutazioni d'impatto e altri report a favore dell'industria. "È preoccupante – spiegano gli autori – che molte di queste argomentazioni siano state ripetute dai politici e stiano adesso definendo il dibattito politico sulle Pfas". La lobby aziendale più prolifica è il grande produttore Chemours. Si tratta dell'azienda spin-off di DuPont, un'impresa che era al corrente dei danni delle Pfas sulla salute già decenni fa, come racconta anche il film 'DarkWaters'. Chemours ha organizzato molte più riunioni di alto livello con la Commissione rispetto a qualsiasi altro gruppo. La sua spesa dichiarata per azioni di lobbying è più che raddoppiata nell'ultimo anno. In generale, la grande lobby delle sostanze chimiche, sotto l'egida del Consiglio europeo delle industrie chimiche e Plastics Europe, è molto attiva per impedire che vengano approvati divieti. Le maggiori aziende produttrici di Pfas hanno confermato un aumento medio delle spese dichiarate per azioni di lobbying del 34% solo nello scorso anno. Tra gli altri lobbisti particolarmente attivi figurano il settore farmaceutico e della tecnologiamedica, delle batterie, dei semiconduttori e altri settorimanifatturieri.
Preoccupa molto la situazione in Germania: "Le lobby aziendali hanno trovato veri e propri alleati tra i politici nazionali e regionali. L'atteggiamento assunto dal governo federale, volto a gettare fumo negli occhi sulla proposta di restrizione delle Pfas – spiegano gli autori dell'inchiesta – è motivo di grandepreoccupazione". Come rivelato dal Forever pollution project, la consultazione pubblica dell'Agenzia europea per le sostanze chimiche sulla restrizione delle Pfas è stata inondata di reazioni da parte delle aziende, con "i produttori in grado di fare pressioni sui funzionari dell'Agenzia". "I profitti dell’industria chimica non possono prevalere sulla salute pubblica e sulle questioni ambientali. Abbiamo bisogno di un divieto a livello europeo sull'uso dei Pfas nei prodotti di uso quotidiano il prima possibile e di standard più severi in modo che le aziende passino ad alternative sicure" è il commento di CristinaGuarda, eurodeputata e membro della Commissione Agricoltura sulle rivelazioni dell'inchiesta, secondo cui la proposta di Bruxelles di vietare due pesticidi contenenti Pfas, il flufenacet e il flutolanil "è un primo passo nella giusta direzione che gli Stati membri devono accogliere il prima possibile".
I conflitti di interesse –L'indagine svela anche una serie di conflitti di interesse. L'industria dei fluoropolimeri, guidata dalla sua associazione di categoria, PlasticsEurope, e dalla sua task force dedicata, il Fluoropolymer Product Group (FPG), ha insistito sul fatto che i fluoropolimeri dovrebbero essere esentati perché sono troppo grandi per penetrare nelle cellule e causare danni. Nei documentianalizzati, risulta che la lobby abbia fatto riferimento 997 volte a due articoli scientifici i cui autori sono dipendenti o consulenti del settore, per affermare che i fluoropolimeri sono Polimeri a bassa preoccupazione (PLC) secondo i criteri stabiliti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico". In una dichiarazione al Forever Lobbying Project, però, è la stessa Ocse a confermare che questi criteri non sono stati concordati e di non aver condotto una valutazione dei fluoropolimeri. Tutti i coautori dei due articoli in questione, pubblicati sulla rivista scientifica Integrated Environmental Assessment and Management, sono consulenti del settore o dipendenti di produttori di fluoropolimeri. Altre motivazioni spesso addotte dalle aziende per evitare restrizioni si basano su presunti rischi "per l'autonomia strategica dell'Europa (azienda chimica Basf, Germania)" e, soprattutto, sul ruolo essenziale dei fluoropolimeri "per l’attuazione di importanti politiche europee come la transizione verde e quella digitale (come affermano rispettivamente Hydrogen Europe e l'azienda olandese di semiconduttori Asml).
I risultati delle pressioni –Si tratta di argomenti a cui la Commissione europea è molto sensibile. Tutti argomenti che fanno grande leva su Bruxelles, tanto che sono stati ribaditi anche dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Di fatto, se nel 2020, la strategia presentata da Bruxelles contro l'inquinamento da sostanze chimiche era più ambiziosa e puntava a "ridurre a zero l'inquinamento" , di quelle intenzioni è rimasto ben poco. "La portata delle pressioni aziendali attorno alla proposta di restrizione dei Pfas è straordinaria. A confronto, sembra insignificante il lavoro di altre industrie politicamente attive, come quella del tabacco" ha commentato GaryFooks, studioso di danni aziendali presso l'Università di Bristol nel Regno Unito, che ha partecipato al progetto. "Dovrebbero essere bloccate immediatamente tutte le riunioni private sulla restrizione delle Pfas tra la Commissione e le lobby che chiedono esenzioni e deroghe" chiedono gli autori, secondo cui Bruxelles "non deve ostacolare il lavoro dell'ECHA, attenendosi al proprio ruolo di osservatore" ed esaminando "impatto e affidabilità degli studi e dei dati forniti dall'industria".
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