Senza sangue, dal romanzo di Baricco un apologo universale su tutte le guerre firmato da Angelina Jolie

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La mela non cade mai lontano dall'albero. Se scrivi e giri un film tratto da un libro, qui un racconto breve (Senza Sangue) di Alessandro Baricco non puoi aspettarti lacrime, passioni e tensioni profonde alla The million dollar baby o I ponti di Madison County. Baricco è da sempre interessato a strutture e meccanismi del racconto, a come usare la manopola per governarne ritmi e temperatura. Insomma, un'arte letteraria più persuasiva che incisiva, più dimostrativa che appassionata. Ecco perché Without blood, settima regia di Angelina Jolie, autentico meteorite piombato al 42esimo Torino Film Festival all'ultimo istante (non è nemmeno nel catalogo per gli accreditati ndr), non può essere differente dalla sua fonte d'ispirazione.

Lo stesso Baricco (presente a Torino assieme alla Jolie) ne ha confermato l'assunto: Angelina ha ripreso in maniera pedissequa il racconto. Per la precisione una prima parte succinta e rapida, modello carneficina western (dice Baricco "che era già cinema"), e una seconda più dilatata e intimista, come dire, modello kammerspiel, al tavolino di un caffè con il confronto serrato tra i due protagonisti: Nina (Salma Hayek) e Tito (Demian Bichir). Ora, per capirci ancor meglio, Senza sangue/Without blood è una sorta di revenge movie (diciamo che in controluce sembra la storia di Melanie Laurent in Bastardi senza gloria, senza nazisti e cinefilia) dove la piccola Nina (Hayek da adulta) assiste inerme, nascosta dentro una botola di una fattoria di un imprecisato ovest pieno di spighe di grano, al violento omicidio del padre e del fratello da parte di un terzetto di sgherri.

Comprendiamo dai dialoghi che si tratta di una sorta di vendetta di guerra non ben dettagliata, ma le proporzioni e le ragioni in causa le rileviamo con veemenza sia dalla brutalità degli assalitori, sia dal terrore che provano le vittime. Nina, intanto, viene scoperta dallo sgherro ragazzino, ma viene lasciata in vita senza che gli altri killer lo sappiamo. Salto temporale di almeno cinquant'anni e in un porticato da città centro americana (in realtà Piazza della Repubblica a Roma) Nina è diretta verso un vecchio edicolante che sta per chiudere bottega: è l'assassino ragazzino dei suoi familiari. Pulendo quindi la storia da qualunque specifico e riconoscibile riferimento storico, geografico, temporale, Without blood risulta un apologo universale su tutte le guerre, sul baluginare della morte e sul desiderio di vendetta.

Cinema esteticamente laccato, formalmente zeppo di ogni tradizionale espediente tecnico e narrativo (flashback insistiti, campi e controcampi che provano a non ripetersi, dettagli significanti) che possa vivacizzare la statica seconda parte. Vis a vis al tavolino in cui, oltretutto, c'è in gioco anche un accenno di verità sdoppiata tra i due punti di vista sul passato di Nina, srotolato prima da un affranto Tito, poi in attesa di conferma proprio dalla agguerrita protagonista con pistola nella borsetta. Insomma, nulla di eclatante (come tutte le regie non proprio memorabili della Jolie), ma narrativamente gradevole e addirittura con qualche riuscito momento di suspense

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