Siria, scontri tra forze di sicurezza e gruppi pro-Assad nell'ovest. Ong: "Almeno 17 morti". L'Iran: "Rivive la resistenza contro i malvagi"

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Il dopo-Assad è appena cominciato. La situazione nell’ovest della Siria si è incendiata nelle scorse ore e resta incandescente. Le manifestazioni della minoranza alawita, esplose dopo un video sui social network che mostrava un attacco a uno dei loro santuari, hanno incendiato le città costiere di Tartus, Jableh e Latakia, dove è molto radicata la comunità da cui proviene il deposto presidente Bashar al-Assad. Scontri sono scoppiati anche a Banias e Homs, la grande città centrale dove la polizia ha ieri dichiarato il coprifuoco dalle 18.

Le forze di sicurezza siriane hanno lanciato un'operazione nella provincia di Tartus per dare la caccia alle “milizie” filo-Assad, ha reso noto l'agenzia di stampa ufficiale Sana. Nella provincia costiera sono in corso manifestazioni senza precedenti. Ieri una ong ha fatto sapere che 17 persone erano state uccise e 10 ferite mentre le forze del nuovo regime cercavano di arrestare un ufficiale di Assad.

L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che “14 membri della forza di sicurezza generale” delle nuove autorità siriane sono stati uccisi, insieme a “tre uomini armati” nel villaggio di Khirbet al-Maaza. Secondo la ong l’uomo ricercato rispondeva al nome di Mohammed Kanjo Hassan ed era “un ufficiale delle forze dell'ex regime che ricopriva la carica di direttore del dipartimento di giustizia militare e capo del tribunale di campo” della prigione di Saydnaya, luogo di esecuzioni extragiudiziali, torture e sparizioni forzate, che incarnava le atrocità commesse contro gli oppositori di Assad. Avrebbe emesso “condanne a morte e sentenze arbitrarie contro migliaia di prigionieri”.

Gli scontri nella provincia di Tartus sono scoppiati dopo che “alcuni residenti si sono rifiutati di permettere che le loro case venissero perquisite“, ha affermato la ong con sede in Gran Bretagna, che si affida a una rete di fonti all'interno della Siria. Il fratello dell'ufficiale e uomini armati avrebbero intercettato le forze di sicurezza, “hanno teso loro un'imboscata vicino al villaggio e hanno preso di mira uno dei veicoli di pattuglia”, ha affermato l'Osservatorio. “Decine di persone” sarebbero state arrestate.

Il contesto in cui avviene tutto lo danno le parole pronunciate ieri dal ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi: “E’ ancora troppo presto per giudicare il futuro della Siria, poiché molti fattori potrebbero ancora influenzare in modo significativo la situazione politica” del dopo-Assad, ha detto il capo della diplomazia di Teheran, secondo cui coloro che “oggi si sentono i vincitori sicuri” non dovrebbero gioire troppo presto.

“In meno di un anno, i siriani faranno rivivere la resistenza nel loro Paese in un modo diverso e neutralizzeranno il piano malvagio e ingannevole degli Stati Uniti, del regime sionista e dei Paesi nella regione che hanno giocato (un ruolo nella caduta di Bashar Al Assad)”, ha detto il generale iraniano Mohsen Rezaei, ex capo dei guardiani della Rivoluzione, in un messaggio su X dove ha implicitamente definito un “piano malvagio” la caduta di Assad e la presa di potere da parte di Abu Mohammad al-Jolani (Ahmed Sharaa).

“I giovani e la nazione resistente della Siria non resteranno in silenzio di fronte all'occupazione straniera, all'aggressione e al totalitarismo interno di un gruppo”, ha aggiunto Rezaei, come riferisce Mehr, con un messaggio simile alle parole di pochi giorni fa della Guida suprema, Ali Khamenei, secondo il quale i giovani siriani presto espelleranno “i sionisti” dal Paese, mentre la caduta di Assad è stata portata avanti da “un gruppo di rivoltosi, con l'aiuto e la pianificazione di governi stranieri“.

Dichiarazioni che sembrano una risposta ad Assaad Hassan al-Shibani, nominato ministro degli Esteri della nuova leadership siriana, che ieri ammoniva l'Iran, per anni sostenitore cruciale di Assad, affinché “rispetti la volontà del popolo siriano” e la “sovranità e la sicurezza del Paese”. “Li mettiamo in guardia contro la diffusione del caos in Siria – ha scritto su X – e li riteniamo responsabili per le conseguenze delle ultime dichiarazioni”.

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