"Torno da Genova e trovo la mia compagna morta in casa, davanti a nostra figlia": il tragico ricordo dell'ex calciatore Cristian Bucchi

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“Emily era con la mamma Valentina la notte del 3 marzo del 2003, nella casa di Cagliari“. Lì giocava Cristian Bucchi, ex calciatore che era impegnato quel giorno in trasferta contro il Genoa. Dopo il successo per 3-1, è tornato a casa trovando la compagna senza vita e la figlia con lo sguardo fisso su di lei. Questo è quanto raccontato dal 47enne in un’intervista concessa al Corriere della Sera in cui ha svelato i retroscena di una vicenda che ha segnato la sua vita quando aveva appena 25 anni.

L’ex allenatore dell’Ascoli ha ammesso di essere riuscito a superare quel tragico momento grazie alla figlia: “La forza è proprio la bambina che non può crescere vedendoti soffrire, non può sentirsi sempre e solo sfortunata perché ha perso la madre in quel modo. E, allora lei, piccola, diventa il tuo mondo. Per i quattro anni successivi non l’ho lasciata mai da sola”. Il calciatore e la figlia insieme in giro per l’Italia con una tata per quando facevo gli allenamenti, per le partite: “Ma Emily era sempre con me anche al campo”.

Un momento drammatico legato invece alla sua vita sportiva: la squalifica per doping che l’ha fermato per un anno. “Altra batosta, lì mi sentivo impotente. Sapevo di essere innocente, ma non potevo dimostrarlo. Presi 16 mesi, poi ridotti a otto. Ancora oggi non so darmi una spiegazione. Up e down, la mia carriera è stata un po’ così, ma mi rialzavo sempre mosso dalla rabbia e dalla determinazione che non dovevo mollare”.

Per Bucchi, il mondo del calcio è anche questo, un sali scendi continuo in cui “sei sempre da solo. Vivi solitamente lontano dai tuoi affetti, dagli amici, dalla famiglia, dalla città dove sei nato. Costruisci qualche rapporto che poi non puoi mai tenere nel tempo, quando torni a casa ti rendi conto che ciò che hai lasciato non è più com’era prima. Sei solo perché quando ti aspetti di condividere un dispiacere, una delusione con qualcuno spesso non trovi chi ti aspetti che ci sia. Forse per questo motivo il calcio ti rende anche forte”.

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