Truffa all'Inps, sarà la Cassazione a decidere se l'indagine in cui è imputata Daniela Santanchè andrà a Roma

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Sarà la Cassazione a decidere se resterà a Milano o sarà trasmesso a Roma, per competenza territoriale, il procedimento per truffa aggravata ai danni dell'Inps sulla cassa integrazione nel periodo Covid a carico della ministra del Turismo Daniela Santanchè e di altre quattro persone, tra cui due società del gruppo Visibilia. Lo ha deciso la giudice per l’udienza preliminare milanese Tiziana Gueli in merito a una questione avanzata dalle difese nell'ambito dell'udienza preliminare. Lo scorso 9 ottobre l’Inps, con l’avvocato Aldo Tagliente, aveva chiesto di costituirsi parte civile per gli eventuali danni.

Per i pm, Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria, società del gruppo fondato dalla senatrice di FdI, hanno chiesto e ottenuto la cassa integrazione in deroga nel periodo della pandemia Covid per 13 dipendenti per 126mila euro, ma questi ultimi in realtà lavoravano. Secondo la ricostruzione dell’accusa l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti.

Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva. Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”. Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio‘”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio.

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