Una mia paziente mi ha descritto i suoi colleghi di ufficio: ho riconosciuto subito il burn out
Ieri alle 03:04 AM
Franco Basaglia, importante psichiatra del 1900, affermava che: "Da vicino nessuno è normale". In questi giorni ho parlato con una giovane laureata in Matematica che mi è venuta a consultare perché sconcertata per le caratteristiche dei colleghi nel luogo di lavoro ove è stata destinata. Ha vinto un concorso ed è entrata in un grande ente pubblico. Mi descrive le persone con cui deve collaborare. Alcune, dai tratti da lei delineati, rappresentano classiche figure della patologia mentale. Altre descrizioni mostrano livelli elevati di burn out, insofferenza verso il lavoro e tendenza a scaricare sugli altri le proprie frustrazioni.
La giovane matematica si domanda se riuscirà a resistere in questa situazione. Sta mettendo in dubbio anche se stessa in quanto se tante persone con cui lavora sono così diverse da lei: "Non sarà lei quella strana?". Ultimo dubbio che la arrovella è il chiedersi se a forza di rimanere a contatto con persone così strambe non arriverà anche lei a soffrire di qualche forma di malessere? Si tratta di ragazza molto in gamba, intelligente laureata con ottimi voti, vissuta tutta la vita in una buona famiglia che l'ha amata e ora, da poco, sposata con un ingegnere.
Una riflessione che ho fatto dentro di me ascoltando il suo racconto è che forse ha vissuto finora in un ambiente molto tranquillo e confortevole. Le asperità della vita le sono state risparmiate da una famiglia "normale" che ha cercato di aiutarla in tutto e da un luogo piuttosto supportivo ove vive in cui la parrocchia, le amicizie e i primi amori fungono da protezione. Intorno il mondo è in fiamme tra guerre assurde, rivalità, povertà dilagante con miliardi di esseri umani messi al mondo senza uno straccio di protezione verso il domani. Viene da chiedersi se l'accudimento, istintivo, che tendiamo ad avere verso i figli o i nipoti sia un modello educativo adeguato? O se sarebbe meglio prepararli, già da piccoli, alle difficoltà dell'esistenza?
Sul piano della psicologia sono abbastanza consapevole che la sofferenza mentale è molto più diffusa di quello che si crede o che emerge. Non sono affatto stupito quando, come recentemente a New Orleans, a Magdeburgo e a Villa Verucchio di Rimini, qualcuno si scaglia contro i passanti. So per esperienza clinica che tantissime persone covano dentro di sé un intenso malessere, idee paranoidi instillate dai mezzi di comunicazione e vivono in solitudine odiando le altre persone. Spesso mi sono chiesto come mai così pochi di costoro arrivano ad aggredire gli altri? A poco servono le leggi repressive verso questi sofferenti che, anzi, si sentono galvanizzati dal dover affrontare delle istituzioni molto strutturate. A Magdeburgo addirittura l'aggressore era un medico psichiatra che, teoricamente, dovrebbe attuare un lavoro di analisi personale per cercare di scacciare questi mostri mentali.
Non so se riuscirò ad aiutare questa ragazza perché lei è venuta a chiedere protezione. Immagina che io sia in grado o abbia gli strumenti per capire il mondo e che possa fornirglieli. Io però in molti casi non lo capisco questo pazzo universo e nei casi in cui riesco a comprendere alcuni aspetti sono comunque impotente nell'individuare strumenti idonei a farvi fronte. Possiamo lavorare assieme per sorreggerci a vicenda per affrontare questa complessità consapevoli che il vecchio mondo protettivo in cui in Italia siamo vissuti negli ultimi 50 anni sta gradualmente scomparendo.
Un nuovo Medio Evo forse è alle porte in cui, senza più un ordine mondiale, masse enormi di esseri umani saranno succubi di credenze, idee strampalate inculcategli dai nuovi mezzi di controllo della popolazione e da quello che alcuni definiscono "Brain rot" (marciume mentale dovuto all'uso eccessivo dei mezzi di comunicazione)?
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