"Volevo che la mia vita fosse bella e quando lavoravo a Milano non lo era. Così da 5 anni cammino per il mondo"

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Il giro del mondo (a piedi) in cinque anni. È ben più di un'avventura quella di Nicolò Guarrera, 31enne di Malo in provincia di Vicenza: il 9 agosto 2020 si è incamminato alla ricerca del mondo e di sé stesso. "Mi sono chiesto che cosa fosse una bella vita e come potessi arricchire la mia". Lungo il cammino ha conosciuto persone e culture diverse e ha imparato ad adattarsi, accompagnato dal carrettino "Ezio", documentando tutto sui social (@pieroad­­ su Instagram). Da poco è rientrato in Europa, finalmente senza più confini; ora è in Grecia e si prepara per l'ultimo tratto tramite la Rotta Balcanica, poi scriverà un libro raccogliendo i diari di viaggio. Dovrebbe tornare a casa in settembre, accompagnato da persone che hanno deciso di seguirlo, come in Forrest Gump. "Facciamo tutti insieme gli ultimi chilometri, chi vuole può aggiungersi e partecipare a questo giro del mondo a piedi".

"Da bambino sognavo di scrivere un libro, senza sapere quale – racconta a ilfattoquotidiano.it mentre è in cammino – qualche anno fa lavoravo in un'azienda a Milano e mi sono chiesto: se la mia vita fosse un'opera d'arte, andrei a vederla? All'epoca no, quindi ho pensato di camminare per capire cosa fosse una bella vita. Per me è cercare qualcosa di bello e buono in senso morale". Cinque anni e oltre 31mila chilometri tra Europa, America Latina (passando l'Atlantico in catamarano), Australia, India, Nepal, Medio Oriente, Armenia, Georgia, Turchia e Bulgaria.

Per mantenersi, il giovane vicentino ha usato i suoi risparmi poi ha continuato con gli sponsor e le donazioni. "Mi hanno dato la benzina per andare avanti, non me ne aspettavo così tante. In alcuni Paesi come Perù ed Ecuador il cambio è favorevole e mangi con due euro". Non sono mancate le difficoltà. "Ho capito cosa vuol dire adattarsi. In Perù c'era solo acqua fredda, ho imparato a risparmiarla durante la doccia. Si impara a fare economia e ad apprezzare i beni che mancano per giorni. Idem per la carica del telefono".

Dai dettagli della quotidianità ai pericoliveri. "A volte ho avuto paura. Ero partito da due mesi, stavo attraversando i Pirenei tra Francia e Spagna, non avevo studiato bene le condizioni meteo e mi sono trovato in mezzo a una bufera di neve. Ero in cima al valico a 1600 metri di altezza, senza giacca antivento e senza guanti, faceva tanto freddo, avevo le mani viola. Ho imparato a prepararmi meglio". Ovviamente ha evitato le zone di guerra. "Non cerco quei contesti, non ho mai camminato di notte e non ho attirato l'attenzione per evitare pericoli. L'America Latina è stata molto più tranquilla di quanto pensassi: credevo che sarei stato derubato, non è mai successo. Per la Rotta Balcanica ho organizzato un trekking nell'entroterra in Albania, Kosovo e Montenegro; penso di aver passato il peggio tra India e Medio Oriente".

Un capitolo significativo è l'Iran, considerato fondamentalista e retto da un regime dittatoriale. "Sono rimasto lì due mesi, c’ero quando è caduto l'elicottero del presidente. È un Paese pieno di storia e di cultura, molto difficile da viaggiare e da vivere: c'è un governo totalitario che è disallineato dalla popolazione. Sono in vigore regole molto rigide che spesso vengono trasgredite, e le maglie del controllo sono larghe. Mi è capitato di uscire per strada con donne senza il velo che incrociavano dei militari o andavano a votare. Da città a città il contesto è molto variabile". Sul fronte prettamente umano, invece, “gli iraniani sono di un'ospitalità incredibile – dice – mi hanno anche regalato un materassino”. Viaggiando tanto, Nicolò ha imparato l'importanza della pace. "Prima di parlare di guerra dovremmo conoscere le varie situazioni in Venezuela, a Gaza e in Ucraina. Mi sono fatto l'idea che la maggior parte delle persone voglia essere lasciata in pace. È stato bello tornare in Europa: varcare il confine e vedere che non ti controllano è un segno di fiducia verso il prossimo".

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