I cambiamenti voluti da Conte stanno dando i loro frutti

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La vittoria del Napoli sul Milan dice molto sul valore attuale della squadra partenopea. Ormai considerata più di una semplice outsider nel novero delle candidate alla vittoria finale. Non c'è da sorprendersi, dunque, se nonostante siamo solamente a meno di un quarto del campionato, la squadra partenopea sia entrata a pieno titolo tra le contender dell'Inter. Al netto di un indice di spettacolarità che secondo una parte della critica rasenti comunque la noia. In linea di massima, la differenza tra gli azzurri e la concorrenza è meno sfumata di quello che si possa immaginare. Perché gli uomini di Conte garantiscono un approccio difensivo estremamente spettacolare. Se l'aggettivo in questione fa riferimento a una perfetta interpretazione tattica di una fase del match, quella in cui il possesso ce l'hanno gli altri.

Magari il Napoli è meno produttivo in termini di creazione offensiva. Ma cambiando la prospettiva, si può affermare senza paura di essere smentiti che gli azzurri tendono a chiudersi, accettando lunghi momenti di rischiosa sofferenza, per generare poi i presupposti funzionali e colpire gli avversari. Usando in primis lo strumento del dribbling. Le giocate appariscenti con cui Kvaratskhelia manda fuori giri chiunque tenti di marcarlo direttamente oppure anticiparne gli spostamenti con le coperture preventive sono eloquenti di cosa sia il georgiano per l'attacco partenopeo. L'equivalente del lampo che squarcia un cielo nuvoloso addensato di pioggia imminente. Perciò finte imprevedibili, sterzate ubriacanti e stop-and-go spettacolari sono determinanti nel far saltare le marcature, disordinando la compattezza sottopalla degli avversari. Questa incidenza si inserisce all'interno di uno scenario caratterizzato dalla ingombrante figura di Lukaku.

E' del tutto inverosimile continuare a raccontare che sia meno mobile rispetto al passato. Indubbio che renda al massimo calato in un sistema di gioco, il 4-3-3, dove viene messo al centro dell'attacco. Nondimeno, in azzurro non si muove esclusivamente a caccia del gol. Conte infatti non lo sgrava affatto da compiti di raccordo, chiedendogli di occupare una specifica zona del campo (il centrodestra), sacrificandosi nelle sponde. Così da contribuire alla risalita della palla, associandosi ai compagni. A loro volta chiamati a servirlo adeguatamente, per metterlo poi in condizione di rendersi pericoloso negli ultimi sedici metri. Insomma, l'Uomo del Salento è riuscito a convincerlo della bontà di uscire dallo stereotipo del centravanti posizionale, tutto muscoli e sportellate, per giocare in un modo nuovo, diverso da come aveva sempre fatto. Sostanzialmente, oggi il belga deve fare da play offensivo, oltre che da finalizzatore. A pensarci bene, così dev'essere un leader. Il tassello ideale che non gioca per sé, ma ragiona sempre in funzione di cosa sia meglio per la squadra, rendendola migliore.

In definitiva, forse la cosa più difficile per i cantori del Dolce Stil Novo calcistico è proprio accettare i principi imposti da Conte alla Serie A. Del resto, gestione del ritmo e controllo dei flussi di gioco hanno avvalorato finora il cammino della capolista.

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