Le pagelle di Fiorentina-Napoli: Meret muro invalicabile, Anguissa ovunque

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Il Napoli vuole aprire il 2025 approfittando del rinvio delle partite di Atalanta e Inter, impegnate in Supercoppa, per mettersi in una situazione privilegiata rispetto alle grandi avversarie nella corsa allo scudetto. L’ultima giornata del girone di andata, dunque, offre una ghiotta occasione agli azzurri, in attesa poi dei recuperi delle squadre nerazzurre. Ma al netto delle assenze di tre titolarissimi – Buongiorno, Politano e Kvaratskhelia -, la Fiorentina è un avversario da prendere con le molle. Che acquisisce fiducia e consapevolezza nei propri mezzi ogni settimana. Allora, la crescita costante della Viola suggerisce ai partenopei di affrontare il match con la giusta mentalità. Ecco com'è andata…

Meret: 7

Bisogna essere in fiducia, certo, ma anche avere qualità ragguardevoli per ritagliarsi da qualche settimana a questa parte uno spazio nell’élite dei portieri del campionato, con interventi francamente mai banali. Reattivo nel coprire il palo alla sua destra sul diagonale di Mandragora (38'). Intervento relativamente semplice, ma strettamente connesso al senso della posizione. Miracoloso al 61' con un doppio salvataggio: prima respinge la conclusione di Mandragora. Poi salva il colpo a botta sicura da dentro l'area piccola di Beltran, che avrebbe buttato giù un muro. Al posto giusto, al momento giusto: per gli estremi difensori forti il succo è tutto lì.

Di Lorenzo: 6

Non il solito contributo nel proporsi in avanti. Manchevole nel muoversi in sovrapposizione sul binario oppure venendo dentro al campo. Avendo Neres davanti, preferisce lasciargli tempo e spazio per isolarsi in ampiezza. Tiene piuttosto bene la posizione nel confronto con Sottil, che ha notevoli qualità offensiva nell'uno contro uno. Il figlio d'arte meglio quando si allarga e obbliga Di Lorenzo a tentare di disinnescarne gli strappi in conduzione, piuttosto che accentrato da seconda punta pura, inevitabilmente nelle grinfie di Rarhmani. Il capitano al "Franchi" ha incarnato sotto tanti aspetti la sua bidimensionalità, che va letta e inquadrata all'interno di un collettivo organizzato.

Rrahmani: 6,5

Solido in marcatura, intelligente nel rompere l'allineamento e uscire alto a prendere Sottil. Se analizziamo il suo rendimento dall'infortunio di Buongiorno sembra andare in controtendenza rispetto alla visione di chi lo considera null'altro che il fido scudiero dell'ex capitano del Toro.

Juan Jesus: 6

Concedergli fiducia e non tornare immediatamente sul mercato dei difensori è stato uno dei temi caldi di queste settimane. Difficile considerarlo peggiore del formato precedente. Per inciso, quello inguardabile della gara di Coppa Italia con la Lazio. Di sicuro, di fronte a Kean non s'è tirato indietro. Disinnescandone la voglia di mettere a ferro e fuoco la difesa partenopea.  

Olivera: 6,5

Complicato pensare che la Viola non si preoccupasse della genialata ideata da Conte. Il tecnico salentino affida a Spinazzola eventuali progressioni in fascia. Mentre l'uruguagio diventa arma tattica per manipolare e allungare le linee avversarie in mezzo al campo. Soprattutto se Adli accetta il rischio di mantenere un atteggiamento propositivo, alzandosi molto, quando Mathías stringe la posizione. 

(dal 88' Raspadori: s.v.)

Garbage time e null'altro.

Anguissa: 7

Interessante notare come la propensione al sacrificio sia qualcosa di innato per il camerunese. Corre per sé ed i compagni; tampona, conquista e riparte. Perfetto manifesto di quanto sia instancabile. Scippa letteralmente un pallone ormai perso con una pressione asfissiante portata su Moreno, mettendolo talmente in difficoltà, da obbligarlo a causare il rigore. Si ripete su Dodo e si lancia in transizione, servendo un cioccolatino a McT, da spingere in rete senza formalizzarsi più di tanto.

Lobotka: 6,5

Metronomo di centrocampo, con una fiducia spropositata nei propri mezzi, che lo porta a gestire la palla con naturalezza, non buttandola mai. Così resta freddo ogni qual volta Beltran provi a schermarlo. L'argentino ormai agisce prevalentemente sulla trequarti, incrociando spesso i tacchetti col pivote azzurro. Che promana carisma a ogni possesso.   

(dal 88' Gilmour: s.v.)

Cambio mangia tempo.

McTominay: 6,5

Ha le movenze tipiche del tuttocampista moderno, libero di destreggiarsi nelle due fasi. Da mezzala, parte in conduzione e aggredisce lo spazio alle spalle di Adli, che esce alto su Olivera, portato ad accentrarsi tanto. L'atteggiamento del centrocampista francese crea un buco nella mediana dei gigliati. Bravo lo scozzese ad andarlo puntualmente a saturare. Nella metà campo difensiva, invece, collabora a consolidare il palleggio. Ma appena intravede un buco, disponendo di una buona lettura del gioco, verticalizza alla stregua di un rifinitore visionario. Millimetrico nel piazzare il colpo del 3-0 arrivando a rimorchio.

Neres: 7

Esterno di culto se la squadra lo mette nelle condizioni ideali per puntare il dirimpettaio. Scenario dove può valorizzare appieno la sua tecnica sublime, con cui riesce ad andare via nello stretto, e sottrarsi al pressing esercitato da Parisi (che ha lo stesso passo), nascondendogli la palla. Il gol è sintomatico. Togliergliela diventa praticamente impossibile, perché partendo nominalmente da ala destra non si limita a stringere interno al campo. Come per esempio nell'azione del vantaggio. Tuttavia, avendo abbastanza confidenza con entrambi i piedi, è in grado anche di sgusciare verso il fondo e crossare.

(dal 85' Ngonge: s.v.)

Conte lo usa come perfetto agente del caos nei minuti finali, poiché il belga è un esterno molto mobile ed ha un'indole estremamente verticale.

Lukaku: 6

Forse tra i profili maggiormente condizionanti il gioco del Napoli: al netto dei suoi attuali visibili difetti in finalizzazione, è l'attaccante giusto su cui appoggiarsi per recapitare velocemente il pallone in prima linea. Sa ricevere di spalle con l'uomo addosso: entra così nell'azione del gol di Neres. Ma non riesce a creare abbastanza separazione da Comuzzo sfruttando proprio il contatto, ruotando su sé stesso o lasciando sfilare il pallone. Ovviamente, orientato verso la porta rimane la situazione dove dà il meglio. Il risultato è che il suo contributo in termini di brillantezza negli ultimi sedici metri si vede riflesso solo in occasione delle rare giocate in profondità. Glaciale dagli undici metri.

(dal 72' Simeone: 6)

La disponibilità a sparare subito le sue cartucce nell'arco di un minutaggio risicato ne valorizzano la proverbiale garra, ed al contempo finiscono per trasformarlo in una preziosa risorsa in uscita dalla panchina. Qualcosa di ben diverso della semplice "riserva".

Spinazzola: 6

Affrettato parlare di nuova tendenza tattica, con un laterale a tutta fascia chiamato a surrogare un offensive player ipercinetico del calibro di Kvara. Pure chi si aspettava Ngonge è rimasto deluso. Tangibile allora l'impressione che Conte volesse cambiare i fattori strutturali del sistema. Non l'unica ragione per schierare l'ex Roma, ma sicuramente la più evidente. Il gap col modo di interpretare il ruolo, se comparato al georgiano, resta profondo. Nondimeno, Spinazzola è intelligente, nonché assai applicato, due qualità fondamentali per assorbire gli inserimenti di Dodo. Un po’ impreciso nelle rifiniture. Però è il primo a chiamare in causa De Gea, con una pregevole azione individuale.

(dal 85' Mazzocchi: s.v.)

Resta un rognoso mastino con l'animo da terzino propositivo. Non toccherà educatamente il pallone, ma fa qualcosina di utile ogni volta che può.

Allenatore Conte: 7

Ha scelto di partire da premesse strategiche diverse rispetto alle ultime uscite, abbassa la linea difensiva e rinuncia al pressing intenso. Un approccio reattivo per esaltare il collettivo contro una Fiorentina che aveva dimostrato contro la Juve di essere una squadra di alto livello. Accetta di prendersi meno rischi, difendendo con un blocco basso. Non rinunciando tuttavia al possesso di qualità. Ma quando c'è da ribaltare il fronte e andare celermente in transizione, attaccando la profondità, cervello e attributi diventano elefantiaci. Il calcio associativo che esprime la sua squadra a tratti è veramente bello a vedersi. Alla faccia dei "soliti noti", che si ostinano a disegnare il Napoli come semplicemente cinico e pragmatico.

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