Mai banale, Conte in conferenza: difende le sue scelte e conferma la centralità di Lukaku

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Nel corso della consueta conferenza stampa pre-Genoa, Antonio Conte ha confermato – se qualcuno non l'avesse ben metabolizzato – un concetto semplice. Ovvero, la centralità di Romelu Lukaku all'interno del suo progetto. "E' un giocatore importante per noi, e averlo ci dà dei vantaggi".

Non solo perché ormai la figura dell'attaccante posizionale sta diventando merce rarissima. Ce ne sono pochi, in giro ai massimi livelli, capaci di spostare gli equilibri. Il Napoli da questo punto di vista è fortunato, perché anche l'alternativa a Big Rom è un profilo assai credibile. Infatti, l'allenatore ha voluto sottolineare l'importanza di Simeone nelle dinamiche di squadra. "La sua crescita è sotto gli occhi di tutti. Si è messo a disposizione in toto, abbiamo parlato su quali aspetti poteva migliorare. Suo papà ha fatto della fatica il suo motto, come me. Giovanni ha ricevuto un’educazione con determinati valori; ha voglia di migliorare. Vedo un giocatore molto più completo, convinto e forte".

Insomma, l'Uomo del Salento ha capito come valorizzare al massimo i suoi centravanti, garantendo loro nuove abilità e compiti diversificati. Del resto, smentendo magari in maniera trasversale chi profetizzava l'ipotesi di un ritorno al passato, chiude idealmente il cerchio del percorso tattico vissuto finora all'ombra del Vesuvio. "Paradossalmente ora sembra che il 4-3-3 sia diventato difensivo ed il 3-5-2 offensivo: la verità è che accompagniamo sempre la manovra offensiva con 5-6 uomini provando a mantenere l’equilibrio. E' questo quello che conta".

Conte vuole nuove funzioni e compiti

Allora, il vero segnale veicolato intenzionalmente da Conte prima di partire per la Liguria è che non intende affatto rinunciare a un perno centrale là davanti: resta incrollabile la fiducia riposta nel belga, nonché nel modulo. Entrambi funzionali ad esaltare la scelta del centravanti pivot, utile per occupare lo spazio, mentre attorno a lui si sviluppano automatismi e geometrie.

Un calcio per certi versi (quasi) scontato. Con Lukaku che non si limita a impegnare i difensori, trasformandosi nel bersaglio preferito dei compagni, quando la pressione avversaria li costringe a esplorare subito la profondità. Ma lavorando di sponda diventa la catapulta perfetta per creare poi gli spazi agli inserimenti di McTominay, oppure alle incursioni di capitan Di Lorenzo. Oltre, ovviamente, a lasciare un mucchio di libertà alle sgasate di dribblatori incendiari del calibro Kvaratskhelia, Politano o Neres.  

In effetti, l'evoluzione tattica del gioco, con sempre più squadre orientate al pressing alto e alla riaggressione immediata in caso di perdita di possesso, rende i giocatori strutturati per chili e centimetri – tipo Lukaku – indispensabili valvole di sfogo quando la costruzione dal basso si inceppa. E poco importa che per lunghi momenti della fase centrale del campionato il belga appariva in grandi difficoltà, catalogato come un giocatore che il meglio di sé l'aveva già dato altrove. Condannato da una ristretta cerchia di critici ostili, che lo consideravano inadeguato per fare ancora la differenza. Il gol rifilato all'Udinese rientra nella logica interpretazione imposta al ruolo dal tecnico. Che chiede esplicitamente di muoversi incontro, destreggiandosi spalle alla porta. E solamente dopo essersi sacrificato per il bene collettivo, saturare l'area di rigore.

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