Contro il Brescia predominio senza gol: la Salernitana spreca un'occasione
Ieri alle 07:53 AM
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Un’occasione sprecata. Lo 0-0 con il Brescia non può definirsi altrimenti per la Salernitana di Colantuono, incapace di concretizzare il netto predominio territoriale avuto dal primo all’ultimo minuto su un avversario tutt’altro che irresistibile.
Due punti persi
Contro una squadra arrendevole, la cui proposta offensiva si è esaurita in una palla inattiva nel primo tempo e qualche ripartenza nella ripresa, Amatucci e soci non sono riusciti a sfruttare le varie palle gol prodotte. Sfociando in un punticino che sa di brodino insipido, e poco sposta in termini di classifica.
Un bicchiere che, dati alla mano, è decisamente mezzo vuoto: la Salernitana ha tirato 17 volte di cui quattro nello specchio, trascorrendo la maggior parte del match nella metà campo avversaria. Eppure, del gol neanche l’ombra.
Manca la stoccata
Anche contro il Brescia si è rivista la “barriera” emersa nel derby con la Juve Stabia: i granata costruiscono bene dal basso – il palleggio è dote instillata sin dal ritiro di Martusciello -, ma quando arrivano al dunque difettano di idee.
Meccanismo ancor più nitido grazie al dominio di ieri: la paziente manovra rasoterra, impreziosita dalle sortite dei terzi di difesa, ha spesso portato l’Ippocampo sulla trequarti ospite (anche grazie al mancato pressing delle punte biancazzurre), ma negli ultimi metri è sempre mancato qualcosa.
Braaf e poi il vuoto
Fase in cui, rispetto alle giocate codificate previste dal 4-3-3 precedente, Colantuono ha scelto di privilegiare la fantasia dei suoi interpreti. Su tutti Braaf, ieri ispiratissimo: schierato nell’inedito ruolo di seconda punta, l’olandese è stato il migliore in campo, impegnando due volte Lezzerini.
Ma, al netto delle folate dell’olandese, di spunti individuali se ne sono visti pochi. Cosa non del tutto imprevedibile: senza Verde, con un Tongya fuori condizione (e pure fuori partita) e Soriano più mezz’ala che trequartista (per giunta spostato a destra), è mancata la giocata capace di far la differenza.
Impossibile pretenderla da Amatucci, che anche ieri ha giocato la solita prova di solidità e intelligenza: il classe ’04 continua a brillare con e senza palla, e un paio di scelte rivedibili in fase di finalizzazione certamente non abbassano lo spessore della sua prestazione.
Poi c’è Simy: il nigeriano ha giocato bene di sponda (più di un suggerimento ottimo per i compagni) e malissimo fronte alla porta (pachidermico nei movimenti e poco lucido nelle scelte). Gara non eccelsa ma neanche da buttar via, per quello che – nonostante i tre gol che lo rendono centravanti più prolifico in rosa – resta soprattutto un attaccante manovriero.
I cambi offensivi
Più complesso, invece, dare un senso alla gestione dei cambi offensivi. E non è la prima volta: nel derby è subentrato Fusco, preferito a Braaf e Kallon, lasciati in panchina.
Ieri l’olandese – il migliore – è uscito a 18′ dalla fine: “non ne aveva più”, ha detto Colantuono. Ma è soprattutto il doppio cambio finale a lasciare perplessi: inserendo Gentile e Fusco (e togliendo Simy), la Salernitana ha rinunciato all’ultimo assalto.
Preferendo, peraltro, ancora una volta il giovane della Primavera ad un giocatore della prima squadra come Wlodarczyk. Certamente non tutto è da buttare: l’ingresso di Hrustic ha dato qualità e velocità alla manovra, e l’australiano ha giocato il suo miglior spezzone in maglia granata.
Il messaggio di Colantuono
Insomma: la Salernitana sembra dare timidi segnali di ripresa, ma serve più di un punto a partita (media perfettamente analoga tra l’attuale e la precedente gestione) per raddrizzare la classifica.
E per sfuggire ad ansia e depressione che, si sa, possono trascinare nelle sabbie mobili (più di quanto non sia già avvenuto) anche una squadra che ha pienamente nelle sue corde l’obiettivo salvezza.
Con un monito nei confronti della guida tecnica: è giusto (anzi, sacrosanto) esser soddisfatti di una prestazione del genere sul piano tecnico, ma sarebbe altrettanto utile pretendere più cattiveria quando c’è da buttarla dentro.
E per riuscirci, forse, servirebbe un atteggiamento differente dallo scialbo “abbiamo fatto quello che c’era da fare” che riassume il messaggio post-gara di Colantuono.
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