Dehor a Roma anche su strade e marciapiedi: è proprio una vergogna

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Dehors a Roma. È proprio una vergogna. Dovevano durare solo per l'emergenza Covid e, invece, dopo 5 anni, di proroga in proroga, sono rimasti e anzi sono aumentati a dismisura, limitando in modo rilevantissimo spazi pubblici che devono restare a disposizione di tutti i cittadini; specie nelle zone centrali. Il tutto, sia chiaro, in contrasto con la legge.

In questi anni, infatti, sia la Cassazione (sent. 33408/23) sia il Consiglio di Stato (sent. 1489/23) hanno chiaramente evidenziato che, secondo la legge vigente, i dehors, per essere installati senza licenza edilizia, devono rispondere a due requisiti: uno funzionale, consistente cioè nella finalizzazione alle esigenze dell'attività, che devono tuttavia essere "contingenti e temporanee", tanto da limitare la loro permanenza massima sul suolo per un periodo non superiore a centottanta giorni; l'altro strutturale, consistente nella loro realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l'esigenza funzionale (e quindi "al più tardi nel termine di centottanta giorni dal giorno di avvio dell'istallazione"). E non a caso, il Consiglio di Stato ha aggiunto che, con le deroghe a questi principi si innescano "potenziali situazioni di illecito di non sempre agevole individuazione, giusta l'innegabile zona chiaroscurale che finisce per generarsi", favorite spesso da "atteggiamenti di sostanziale tolleranza o quanto meno acquiescenza" da parte delle amministrazioni, che rischiano di snaturare gli elementi richiesti dalla legge "normale" per collocare dehors. Proprio quello che è avvenuto a Roma.

E a nulla è servito un importante appello, firmato nel 2023 da molti intellettuali illustri (fra cui Fulco Pratesi) ove si paventava "uno snaturamento sempre più esteso di ciò che caratterizza questa città come culla di civiltà e di storia. La pubblica amministrazione, dal Comune di Roma a tutte le altre istituzioni coinvolte, non deve permettere che il sito Unesco venga umiliato progressivamente in nome di interessi puramente commerciali".

Oggi li si vuole legalizzare per sempre attraverso un regolamento del Comune ed una legge governativa in gestazione. Eppure, recentemente il Consiglio di Stato (sent. 6666/2024) ha sentenziato – e proprio con riferimento ad una vicenda romana – che nessuna deroga alla legge si può fare con regolamento, e che resta valida "la dizione, pertanto, di temporaneità e di asservimento alle esigenze stagionali". Tanto più che questo regolamento prevede, tra l'altro, che si possono concedere anche occupazioni "che ricadono sulle sedi stradali della viabilità principale, sulle aree tariffate e sulle strade percorse da linee del Trasporto Pubblico di Linea, ove consentito" (art. 4bis) nonché sui marciapiedi, su isole pedonali e all'interno di aree riservate alla sosta (art. 4ter), con scadenza di tre o cinque anni rinnovabili senza limiti temporali.

In tal modo non solo si viola la legge ma, soprattutto, non si tiene conto, che a Roma, con tutti i problemi di traffico e di parcheggio, e con l'affollamento delle zone centrali destinato ad aggravarsi con il Giubileo, l'occupazione di suolo pubblico va limitata al massimo altrimenti si rischia, per dirla sempre con il Consiglio di Stato, un peggioramento e non un miglioramento della qualità della vita dei romani. E, di certo, l'approvazione del regolamento sarà un incentivo, e non un deterrente per l'installazione di dehors. Lo teme, senza mezzi termini, la Rete di associazioni per una città vivibile secondo cui "con questo nuovo regolamento, lo spazio pubblico sarà sempre più la sede di una città mangificio mentre il Centro sarà sempre più un luna park".

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