Filmarono e violentarono due ragazzine, condanne da 5 a 13 anni per 6 imputati. Altri 7 assolti dal giudice

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Stupravano due ragazzine e le filmavano. Queste le accuse ai tredici imputati – arrestati a distanza di alcuni mesi gli uni dagli altri– processati per violenza sessuale di gruppo. Sono state sei condanne e sette le assoluzioni emesse dal giudice l’udienza preliminare del Tribunale di Palmi. Le aggressioni alle due minori, avvenute tra il gennaio 2022 e il novembre 2023 nella Piana di Gioia Tauro, erano state riprese con i cellulari e le immagini utilizzate come strumento di ricatto e diffusione nelle chat. Le vittime, una di Seminara e l’altra di Oppido Mamertina, hanno vissuto un incubo lungo quasi due anni, subendo abusi e minacce da parte di un gruppo di giovani, alcuni dei quali minorenni al momento dei fatti. Tra loro, anche ragazzi legati a famiglie vicine alle cosche della zona, il che ha contribuito a creare un clima di omertà e intimidazione.

Le indagini, con intercettazioni ambientali e telefoniche, avevano permesso agli investigatori di ricostruire la vicenda e portare alla luce il sistema di violenze. L’operazione, denominata Masnada, era stata condotta in più fasi dalla Polizia con il coordinamento della Procura di Palmi. La svolta era arrivata nel novembre 2023, quando tre giovanissimi, tutti con legami con ambienti ‘ndranghetisti, erano stati arrestati, mentre un quarto, parente di un amministratore locale, si era reso irreperibile. Le accuse riguardavano episodi di violenza sessuale di gruppo: una delle vittime era stata costretta a subire le violenze una sola volta, mentre l’altra era stata abusata più volte.

Sei imputati sono stati condannati a pene comprese tra i 5 e i 13 anni. Oltre alle pene detentive, il gup ha disposto per loro l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la condanna al pagamento delle spese processuali. È stata inoltre stabilita una liquidazione delle parti civili a favore delle due ragazze e delle loro famiglie. Le vittime si sono costituite parte civile nel processo, nonostante le pressioni subite. In particolare, una di loro ha dovuto affrontare tentativi di ritrattazione da parte di alcuni parenti, preoccupati per possibili ritorsioni in un contesto fortemente influenzato dalla criminalità organizzata. Tra le parti civili figura anche il Centro antiviolenza per le donne "Roberta Lanzino” di Cosenza.

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