Il Papa ha portato il Giubileo dietro le sbarre: un gesto rivoluzionario

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In un eccezionale discorso tenuto ormai dieci anni or sono di fronte alla delegazione internazionale dei penalisti, PapaFrancesco metteva in guardia dal cedere a forme di populismo penale che, appellandosi a un falso concetto di sicurezza, puntano a dare in pasto all’opinione pubblica dei capri espiatori, scelti inevitabilmente tra le fasce più marginali, sui quali far ricadere tutti i mali della società. Oggi le carceri italiane, quelle dove il Papa ha deciso di aprire una Porta Santa giubilare, sono la fotografia esatta di quella ammonizione. Bergoglio ha scelto un gesto epocale per riportare l’attenzione del mondo su un universo dimenticato e rimosso. E per farlo tenendo a mente quella sua lezione del 2014 che è straordinaria per profondità, coraggio, incisività.

Cosa avranno pensato le persone detenute di fronte a un Pontefice – che mai come oggi dimostra di tener fede a quanto il suo nome gli impone, di essere un costruttore di ponti – che sceglie le loro celle sovraffollate, gli squallidi corridoi, i passeggi angusti per dare inizio all’Anno Santo? Come avranno vissuto l’attenzione loro concessa dal capo della Chiesa cattolica, che ha imposto su di loro gli occhi dell’intero pianeta? Loro, che di attenzione sono abituati a non averne affatto. Loro, che hanno saputo che 88 compagni si sono tolti la vita nel solo 2024. Loro, che sentono balbettare di costruzione di nuove carceri, ma in verità si vedono chiudere sezioni su sezioni perché mancano i soldi per manutenerle e si vedono ammassare nelle sezioni rimanenti, con un sovraffollamento reale che ha ormai raggiunto il 133% e in alcuni istituti supera il 200%?

Papa Francesco ha dimostrato fin dal primo giorno del suo pontificato, quando scelse di andare a visitare i ragazzini del carcere minorile di Casal del Marmo a Roma, di avere a cuore la vita di quegli scarti della società che oggi affollano le nostre galere. Perché questo sono, e chiunque frequenti il carcere lo sa bene: non la grande criminalità, bensì la grande povertà. Una povertà economica, ma anche educativa, relazionale, culturale, lavorativa, sanitaria. Le celle sono piene di persone con disturbi mentali, di tossicodipendenti, di senza fissa dimora, di persone disoccupate da anni e anni, di migranti espulsi da ogni forma di accoglienza, di minori stranieri non accompagnati.

Sono queste le persone che oggi l’Italia arresta. Sono queste le persone che non si vuole vedere per le strade, che si vuole togliere dagli sguardi, per le quali non si vogliono investire risorse di welfare e che si preferisce rinchiudere in scatole di cemento. Il sovraffollamento non è una calamità naturale. È frutto di politiche ben precise. Quelle politiche che l’Italia del nuovo millennio ha messo in campo con forza e che l’attuale governo ha perfezionato fino a farne la cifra distintiva della propria azione.

Papa Francesco tutto questo lo sa bene. La scelta di aprire una Porta Santa nel carcere di Rebibbia non voleva risolversi in un gesto buonista e affettuoso verso dei poveri sfigati che almeno per un giorno possono andare in televisione prima di ripiombare nel buio più totale. Il Papa, come sempre in questi anni, ha scelto un’azione rivoluzionaria. Nel portare il Giubileo dietro le sbarre ha voluto dire al mondo tutto questo. Ha voluto dire che i governi che sfruttano le paure della gente per mandare in galera chi avrebbe piuttosto bisogno di sostegno sono moralmente ignobili e politicamente incapaci. Ha voluto dire che il populismo penale porterà il vivere collettivo sul baratro della rovina. Ha voluto dire che per essere cristiani non basta pregare la Madonna. Ha voluto dire che le politiche penali dell’attuale governo italiano – che continua a introdurre nuovi reati e aumentare le pene per quelli già esistenti, fingendo di credere che tutti i problemi della società si possano risolvere con il carcere – sono alla ricerca di un facile consenso che sanno di non riuscire a ottenere in altri ambiti.

Tutto questo ha voluto dire quel rivoluzionario di Papa Francesco. Nessuno lo ascolterà, ma lui lo ha detto. E il suo gesto peserà per sempre sulla storia del mondo a venire.

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