L'Italia chiede di cambiare la carbon tax Ue sui prodotti importati: tra le proposte anche la proroga dei permessi gratuiti a inquinare

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Con l’alibi del “rischio delocalizzazione“, il governo italiano insieme a quelli di Austria, Bulgaria e Polonia chiede alla Ue di rivedere già l’anno prossimo il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), che prevede la tassazione delle importazioni da Paesi extra europei con regolamentazioni climatiche meno rigorose calcolata in base alla quantità di CO2 incorporata o emessa per la produzione dei beni. La proposta chiave? Rinviare la prevista eliminazione graduale della distribuzione gratuita di “permessi per inquinare” alle industrie europee con le maggiori emissioni: dalla siderurgia alla chimica, passando per la produzione di alluminio e cemento. Un phase out che stando al regolamento europeo del 2023 dovrebbe iniziare nel 2026, portando al completo azzeramento di quel privilegio nel 2030 quando entrerà a regime la tassa sui beni importati da Paesi con standard ambientali più permissivi.

L’obiettivo dichiarato del “non paper” inviato alla Commissione europea, promosso dal ministro delle Imprese Adolfo Urso d’intesa con quello dell'Ambiente Gilberto Pichetto, è mantenere “competitiva” l'Europa nei settori produttivi chiave, “sostenere” le industrie energivore nella transizione green, favorire l'autonomia strategica del Continente e fermare la delocalizzazione. Proprio come per la normativa sullo stop alle auto con motori endotermici, Roma chiede di anticipare al 2025 le clausole di revisione già previste per “migliorare” il meccanismo che è attualmente in fase transitoria.

Gli interventi auspicati sono quattro, ampiamente “ispirati” alle richieste delle associazioni di categoria dei produttori. Primo, semplificare e ridurre gli oneri amministrativi per le imprese. Secondo, rafforzare le misure per combattere i rischi di carbon leakage (la delocalizzazione causata da normative troppo rigide che riducono la competitività) e le pratiche di dumping che potrebbero danneggiare l'industria europea. In terzo luogo, si punta a non far estendere le regole alle emissioni indirette se l'inclusione causasse un aumento del costo dell'elettricità decarbonizzata rispetto a quella prodotta da combustibili fossili. Per tutelare gli esportatori europei si chiedono anche meccanismi che assicurino la parità di condizioni per quanto riguarda il prezzo delle emissioni di CO2 sui mercati esteri in cui non vige un sistema di tassazione delle emissioni paragonabile all'Eu Ets (Emissions trading system), il sistema europeo che mira a limitare le emissioni nocive attraverso un tetto alla quantità totale di Co2 che può essere diffusa in atmosfera fissato da Bruxelles (ogni anno più basso) e un mercato virtuale in cui le aziende vendono e comprano i permessi a inquinare, con l’eccezione appunto di quelli distribuiti gratis.

Infine, il non-paper prende in considerazione il rinvio dell'eliminazione graduale delle quote gratuite Ets per le industrie energivore se la revisione facesse emergere dubbi sull’efficace attuazione del Cbam. La revisione proposta dal governo si inserisce nella strategia nazionale per rilanciare lo sviluppo dei quattro poli siderurgici di Taranto, Terni, Piombino e Acciaierie del Nord. L'Italia oggi realizza l'85% della produzione nazionale di acciaio con elettroforni, impiegando rottami riciclati. La media europea è ben al di sotto del 50%, rivendica il governo.

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