Otto condanne e un'assoluzione nel processo per il crac della società di bioplastiche Bio-on. Cinque anni e 2 mesi all'ex numero uno Astorri

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Si è concluso con otto condanne e una assoluzione il processo di primo grado, davanti al collegio del Tribunale di Bologna, presieduto dal giudice Domenico Pasquariello, per il crac di Bio-on, la società di bioplastiche fallita il 19 dicembre 2019. L'ex presidente Marco Astorri è stato condannato a 5 anni e 2 mesi e il suo vice Guido Cicognani a 5 anni e 2 mesi. La Procura aveva chiesto 10 anni per entrambi. Dimezzate anche le condanne per alcuni degli altri imputati, con alcuni reati prescritti.

Oltre ad Astorri e Cicognani sono stati condannati anche l'ex direttore generale dell'azienda Vittorio Folla – per lui 4 anni e 4 mesi – e l'ex presidente del collegio sindacale Gianfranco Capodaglio, 3 anni e 8 mesi. Condanne a 3 anni e 6 mesi per il revisore Gianni Bendandi e 4 anni per l'ex consigliere della società Gianni Lorenzoni. Infine il collegio di giudici ha stabilito una pena di 3 anni e 6 mesi per gli ex componenti del collegio sindacale Vittorio Agostini e Giuseppe Magni. Gli imputati sono accusati a vario titolo di bancarotta fraudolenta impropria e per distrazione e tentato ricorso abusivo al credito. Assolto Pasquale Buonpensiere, ex direttore finanziario.

Chiedendo le condanne il pm Michele Martorelli aveva parlato di “gestione dissennata e criminale” dell’impresa che aveva consentito agli imputati di raccogliere (o consentire che altri provvedessero) nel tempo liquidità dagli investitori, per un importo di circa 40 milioni, bruciata negli anni per far fronte alle spese correnti. In assenza di generazione di cassa, condizione finanziaria nota a tutti i protagonisti dei fatti, la società ha fatto ricorso, ha detto il pm durante la requisitoria, a credito bancario, esponendosi in termini significativi anche verso i fornitori, arrivando, infine, a generare un passivo di oltre 60 milioni.

Tommaso Guerini, legale di Astorri, parla di “evidente ridimensionamento delle tesi sostenute in primo grado” perché “su tutto quello che atteneva alla dimensione fallimentare, salva la tematica della causalità del dissesto, rispetto alle false comunicazioni sociali, questa sentenza non accoglie le tesi della Procura. Accuse particolarmente infamanti, soprattutto quella di aver distratto somme di denaro ad imprenditori che al momento della crisi investirono nell'azienda molti milioni di euro”.

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