
Perché per l'Unione Europea la sfida sui semiconduttori è una corsa in salita

03/27/2025 12:56 PM
I cambiamenti degli equilibri internazionali negli ultimi anni hanno evidenziato la fragilità dell'Unione Europea in diversi settori strategici, inclusa la produzione di semiconduttori, noti anche come microchip. La catena di produzione e approvvigionamento di questi prodotti è molto fragile e vulnerabile a shock internazionali, come guerre commerciali o pandemie, perché si basa sulla cooperazione di diversi stati, specializzati in fasi differenti della produzione. Negli scorsi anni, questo stato di cose ha spinto superpotenze come la Cina e gli Stati Uniti a investire sempre più risorse nel tentativo di stabilire catene produttive locali.
In questa corsa ai semiconduttori l'Unione Europea si è trovata in una posizione particolarmente scomoda. Nonostante sia in prima linea nella ricerca del settore e nella produzione degli strumenti di lavorazione dei semiconduttori, l'Unione ha una quota di solo il 10% nel mercato globale dei chip.
I microchip prodotti in Europa sono prevalentemente destinati al settore dell'automotive, e le principali aziende produttrici sono Infineon, NXP Semiconductors e STMicroelectronics. Nel 2020 l’intero settore entrò in crisi a causa dalla carenza di semiconduttori causata dalla crisi pandemica, e ciò spinse la Commissione Ue a promulgare l'European Chips Act, entrato in vigore il 21 settembre 2023. Il Chips Act si propone di raddoppiare la quota europea nel mercato globale entro il 2030, sbloccando oltre 43 miliardi di euro da investire nel settore e prevedendo misure per anticipare e rispondere rapidamente a eventuali crisi internazionali.
La Commissione Europea, nel corso del 2024 e nei primi mesi del 2025, ha approvato finanziamenti per diversi progetti di lungo respiro, tra cui la costruzione di stabilimenti in Italia e in Austria. In particolare Bruxelles pianifica di fare di Dresda la nuova "capitale europea dei chip", approvando due progetti molto ambiziosi. Il primo è un finanziamento di oltre 920 milioni di euro a Infineon per costruire un nuovo stabilimento per l'assemblaggio di chip multifunzionali. Prodotti cioè destinati a diversi settori, in particolare quello industriale, l'automotive e l'elettronica di consumo. Il sito verrà aperto nel 2026 ma raggiungerà la piena operatività solo nel 2031.
Un secondo finanziamento di 5 miliardi di euro è per la costruzione, sempre a Dresda, dell'European Semiconductor Manufacturing Company (Esmc), uno stabilimento controllato dalla taiwanese TSMC e partecipato dalle principali aziende europee. Un progetto simile per affidare all'americana Intel la costruzione di uno stabilimento a Magdeburgo per ora non è andato in porto. Infine l'Unione Europea e l'India hanno recentemente rivelato l'intenzione di concludere un accordo di libero scambio entro la fine del 2025, focalizzato su "semiconduttori, IA, iGmega computer e 6g".
Le nuove minacce: crisi dell'automotive e dazi – Il piano europeo è stato tuttavia deragliato dalla profonda crisi che ha colpito il settore dell'automotive nel 2024, aggravata dalla recente prospettiva di una guerra commerciale con gli Usa. Secondo un report pubblicato dalla Commissione lo scorso luglio 2024, infatti, l'Europa sembra destinata a raggiungere entro il 2030 solo l'11,4 % della quota di mercato globale dei chip, un risultato molto lontano dal 20% previsto dall'European Chips Act.
La crisi è scaturita dalle difficoltà incontrate dalle case automobilistiche europee nel convertire la propria produzione all'elettrico, rispettando i rigidi limiti sulle emissioni di Co2 imposti dall'UE, mentre fronteggiano la crescente competizione cinese nel settore. L'azienda di semiconduttori più colpita è stata l’italo-francese STMicroelectronics, che recentemente ha dovuto avviare la cassa integrazione per 2500 dipendenti nel suo stabilimento a Catania (su 12.000 dipendenti in tutta Italia). La contrazione del settore automotive potrebbe causare un effetto domino in tutta la catena di approvvigionamento dei semiconduttori, generando un calo della domanda che colpirebbe sia i produttori di microchip che i produttori degli strumenti atti alla loro lavorazione.
Ora è sopravvenuta pure la minaccia di Trump di imporre dazi del 25% sulle importazioni da Messico e Canada, che accresce le incognite per diversi marchi europei che possiedono stabilimenti nei due stati e ancora non sanno se i loro prodotti saranno colpiti o meno.
Un futuro incerto – Nella speranza di alleviare la pressione sul settore la Commissione Europea ha recentemente rilassato i limiti alle emissioni di Co2 e garantito incentivi per stimolare la produzione di auto elettriche. Inoltre lo scorso 12 marzo 2025 nove stati membri dell'Unione Europea (inclusa l'Italia) si sono riuniti per costituire l'European Chips Alliance, un progetto che ha l'obiettivo di scrivere un “Chips Act 2.0", cercando di re-vitalizzare le ambizioni europee sui semiconduttori.
Resta da capire se i provvedimenti dell'Unione Europea saranno in grado di rallentare la crisi dell'automotive, o se i passi in avanti nello sviluppo di chip destinati ad altre branche del settore, come l'Intelligenza artificiale o la Difesa, saranno in grado di compensarne le perdite, ma le prospettive per il momento sono tutt'altro che rosee.
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