Plastica, con le nuove regole Ue l'Italia che si racconta "campione del riciclo" non raggiunge neanche gli obiettivi minimi | l'indagine
11/11/2024 02:00 AM
Meno della metà degli imballaggi in plastica immessi al consumo vengono riciclati, ma l'Italia si racconta come un'eccellenza del settore, anche per questo materiale. E da qualche anno, come anticipava nel 2022 ilfattoquotidiano.it nell'ambito della campagna 'Carrelli di plastica', condotta insieme a Greenpeace, il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica dichiarato fa i conti con i calcoli più rigidi chiesti dall'Europa. Non vengono contabilizzati più tutti i materiali avviati al riciclo, ma solo quelli effettivamente riciclati. Il risultato lo racconta l'Unità Investigativa di Greenpeace Italia nell'inchiesta "Plastica, Italia campione del riciclo?". L'obiettivo Ue di riciclo effettivo (e dimostrabile) è del 50% entro il 2025 e del 55% entro il 2030, ma se con la vecchia metodologia l'Italia aveva già in tasca anche il target al 2030, con la nuova non arriva neppure a quello del prossimoanno. Il tasso nazionale è infatti del 48%. E Greenpeace solleva dei dubbi anche su questa quota. "I dati di Corepla e Conai sono opachi e poco trasparenti sui criteri di calcolo e rendicontazione" spiega a ilfattoquotidiano.itGiuseppeUngherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, secondo cui "i risultati reali potrebbero essere ben al di sotto di quelli dichiarati". Eppure il GovernoMeloni continua a ostacolare le misure per ridurre l'immissione al consumo e incentivare sistemi di riuso. Il rapporto arriva a a poche settimane dall'avvio, previsto il prossimo 25 novembre, a Busan, in Corea del Sud, dell'ultimo round per la definizione di un Trattato globale sulla plastica ed esamina, non a caso, anche le esportazioni del plasmix. Si tratta di una quota consistente della differenziata, tecnicamente o economicamente non riciclabile.
Caduta la spada di Damocle –L'indagine si basa sulla consultazione di documenti del Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica (Corepla), che gestisce il ciclo di questi rifiuti nel 92% dei Comuni italiani, e del Consorzio nazionale imballaggi (Conai) di cui Corepla fa parte. I dati ufficiali: nel 2020, su circa 1,9 milioni di tonnellate di imballaggi in plastica immessi sul mercato e di pertinenza Corepla, sono stati recuperati circa 1,8 milioni, dunque il 95%. Una quota che ha spinto il ministro dell'Ambiente, Pichetto Fratin e il Governo Meloni a remare contro alcune misure del Regolamento Imballaggi, approvato ad aprile 2024 dal Parlamento Ue. Fino al 2020 in quel 95% c'erano sia i rifiuti inviati a impianti di recuperoenergetico (bruciati in cementifici o termovalorizzatori), sia il materiale 'avviato a riciclo' (una fetta arrivata al 55,64% del recupero al 2023). Solo che dal 2021, i nuovi target di riciclo si riferiscono al ricicloeffettivo e non ai rifiuti 'avviati a riciclo'. L'Ue chiede di escludere dal computo finale il materiale perso nel processo o che finisce per essere scartato (e viene incenerito in termovalorizzatori e cementifici, oppure raggiunge le discariche) e questo ha allontanato l'Italia dai target. La prima stima di riciclo effettivo per gli imballaggi in plastica e in bioplastica nel 2022 era del 48,6% sullʼimmesso al consumo. "Con un calo di 6,5 punti percentuali rispetto al 55,1% ottenuto con la vecchiametodologia" si spiega nel report. Il dato è stato ancora ribassato nel 2023 al 46,6% "a causa di verifiche e integrazioni di Conai". Nel 2023 è del 48% sul totale degli imballaggi in plastica immessi a consumo in Italia.
Il nodo della trasparenza – Ma come si arriva al 48% di riciclo effettivo? Il Conai scrive di avere scelto un approccio basato "sulle percentuali di rifiuti che, mediamente, vengono scartati negli impianti di riciclo, a valle delle operazioni di selezione" spiega Greenpeace, sottolineando però che "i documenti necessari a effettuare il nuovo calcolo non sono pubblici". "Neppure gli audit svolti per stimare il riciclo effettivo – e riportati nel Rapporto di Sostenibilità 2023 – sono soddisfacenti" spiega Ungherese. Nellʼultimo Bilancio di Sostenibilità di Conai vengono citati tre audit svolti sul campo dallʼente certificatore Det Norske Veritas. Riguardano un impianto di compostaggio per la plastica biodegradabile e compostabile, uno di selezione degli imballaggi in plastica e plastica-metallo e uno di riciclo. "Com'è possibile fare stime attendibili sul sistema di riciclo di un intero Paese studiando così pochi impianti?" commenta Ungherese. E aggiunge: "Il nuovo indice di riciclo viene calcolato con un metodo non verificabile dai cittadini". Di fatto, nel Programma specifico di Prevenzione di Conai si legge che "al momento il Consorzio è in grado di rendicontare con precisione i quantitativi di imballaggi avviati a riciclo, mentre si possono fare solo stime su quelli effettivamente riciclati e conteggiabili ai fini del raggiungimento degli obiettivi". "In altre parole – commenta Ungherese – non siamo in grado, al momento, di quantificare il nostro riciclo effettivo come richiesto dallʼEuropa".
Il rapporto tra gli imballaggi 'avviati al riciclo' e il plasmix prodotto –Anche sui report Corepla si è fatto sentire lʼeffetto del nuovocalcolo. Nelle ultime Relazioni di gestione si parla di "volumi accreditabili a riciclo": il 46,7% nel 2022 e il 46% nel 2023. Le percentuali sono più basse rispetto a quelle Conai perché riferite ai soli imballaggi in plastica di competenza del consorzio. Corepla continua a calcolare anche l'avvio al riciclo: su un immesso al consumo di sua competenza di 1,8 milioni di tonnellate, nel 2023 l'avvio al riciclo è stato di circa 1 milione di tonnellate (il 55,64%), includendo dunque gli scarti. Se si escludono le quote gestite da operatori indipendenti, il materiale avviato a riciclo (sempre scarti compresi) da Corepla ammonta a 741mila tonnellate (il 39,6% dei rifiuti di sua competenza). Non solo. Tra il 2021 e il 2023, Corepla ha avviato a riciclo circa 700mila tonnellate di imballaggi allʼanno e prodotto circa 500mila tonnellate di plasmix, la quota non riciclabile avviata quasi interamente alla combustione per produrre energia o, in minima parte, in discarica. Questi due numeri "appaiono simili – spiega il rapporto – mentre combustione e discarica dovrebbero intervenire solo per una frazione residuale di quanto prodotto, come extrema ratio".
Che fine fa il plasmix – Invece di finire agli inceneritori o nei cementificiitaliani, queste tonnellate di plasmix raggiungono sempre più spesso Paesi come Bulgaria, Cipro o Danimarca, generando ulteriori emissioni e consumi. Dal 2020 al 2023 il volume del plasmix inviato verso i cementificiesteri è aumentato, superando dal 2022 quello destinato ai cementificiitaliani. È sempre sceso, invece, il volume che arriva nei termovalorizzatoriitaliani ed esteri. Greenpeace ha più volte denunciato, anche di recente, rifiuti e scarti in plastica italiani avviati formalmente a riciclo o recupero energetico abbandonati in Polonia e Turchia, svelando un traffico illecito verso la Malesia. E l’Italia ha un ruolo di primo piano: secondo i dati Eurostat, per valore del materiale esportato (circa 9,8 milioni di euro), nel 2023 la Turchia è al primo posto come meta estera dei rifiuti in plastica italiani, a livello globale. Stando alla normativa europea, invece, i Paesi membri dovrebbero spedire i propri rifiuti plastici fuori dallʼUe solo per riciclo e recupero, in impianti con standard ambientali e tecnici pari a quelli comunitari. La mancanza di trasparenza è il principale punto critico indicato dall'Interpol in un report del 2020. Anche la Corte dei Conti Ue, dopo unʼindagine conclusa a settembre 2024 in Italia, Romania e Paesi Bassi, ha segnalato lacune nei sistemi di raccolta dati e nella qualità delle informazioni disponibili, riscontrando "un rischio molto elevato che i riciclatori non sottopongano a operazioni di trattamento i rifiuti di imballaggio di plastica ricevuti". Destinare il plasmix a cementifici perlopiù europei, come avvenuto nel 2023 secondo i dati di Corepla, rende meno stringenti i controlli doganali. L'Unità Investigativa dell'ong ha richiesto a Corepla una lista. con le localizzazioni precise dei cementifici esteri. "Non cʼè stata alcuna risposta" racconta. "Chiediamo maggiore trasparenza a tutti gli attori coinvolti nella filiera italiana – conclude Ungherese – anche in vista dell'ultimo round negoziale sul trattato sulla plastica. Bisogna ridurne di almeno il 75% la produzione entro il 2040".
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