
Ponte Morandi, l'ex ad di Autostrade Castellucci parla al processo a Genova: "Mi sento responsabile, non colpevole"

03/26/2025 08:53 AM
“Mi sento tuttora responsabile, ma non colpevole“. Dopo aver rifiutato di farsi interrogare, l’ex ad di Autostrade Giovanni Castellucci rende un lungo fiume di dichiarazioni spontanee in aula al termine del dibattimento di primo grado per il disastro del ponte Morandi, il viadotto autostradale di Genova che collassò il 14 agosto del 2018 uccidendo 43 persone. “Per tutti questi anni ho cercato di essere silente perché ho pensato che la verità dovesse uscire in maniera piena e libera, peraltro su un ponte che io conoscevo solo di sfuggita. Oggi sono qui per dire tutto ciò che so e che ho fatto per dare il mio piccolo contributo alla verità“, dice l’ex manager, a capo della concessionaria dal 2005 al 2019, il più importante tra i 58 imputati nel processo. “Qualche giorno dopo il crollo ho dichiarato che ci sentivamo responsabili e lo feci per tagliare sul nascere ogni discussione sulle nostre responsabilità. Dissi che noi ci sentivamo responsabili e io mi sento tuttora responsabile sulla gestione, non in termini di colpa, ma eravamo coloro che avevano la gestione del bene”, afferma di fronte ai giudici, ai pm e a otto familiari delle vittime presenti nella tensostruttura allestita per il processo nel cortile del palazzo di giustizia del capoluogo ligure.
“Questa tragedia mi ha colpito nel profondo, sono stato consapevole della sua dimensione per le vite spezzate, per l'assurdità della morte. È stata una sconfitta per tutti, per la collettività, per l’azienda. Io ero ad della società che ha gestito il ponte e questo peso lo sento ancora adesso. Sono stato tra i primi ad arrivare, ho cercato di aiutare nei comitati di crisi, mi sono messo a disposizione del presidente della Regione ma con ammirazione verso chi gestiva la crisi, verso chi salvava vite, chi stava scavando. E ho sentito la frustrazione di non potere essere utile se non accelerando quello che potevo fare”, dice ancora Castellucci. “Ho chiesto e ottenuto che tutte le vittime fossero indennizzate. Il mio bonus (3,7 milioni nell’anno del crollo, ndr) l'ho devoluto a favore delle vittime, per supportare gli studi dei figli. Spero che questi contributi siano andati a buon fine, io non ne so più nulla perché non ho più rapporti con Aspi e Atlantia”, la ex controllante di Autostrade, di proprietà della famiglia Benetton.
Castellucci sostiene che sul viadotto “i lavori erano continui“: sulla struttura, dice, “si investiva con regolarità, sicuramente negli ultimi tre anni”. Eppure, nella maxi-perizia depositata in fase di incidente probatorio (un’anticipazione del processo in fase di indagine) i quattro ingegneri incaricati dal gip avevano denunciato che l'ultimo intervento di manutenzione della pila 9, quella che innescò il crollo, risaliva al lontano 1993, 25 anni prima del disastro. “I costi per le manutenzioni non sono mai calati” e “avevano un importo superiore a quello previsto dai contratti”, dice ancora l’ex manager. Magari non saranno calati, ma di certo gli importi erano infimi: a partire dal 1999, anno della privatizzazione di Autostrade, la spesa media annua è passata da 1.338.359 euro (3.665 € al giorno) a 26.149 euro (71 € al giorno), con un decremento pari al 98,05%. Più in generale, dei 24.578.604 euro investiti dal 1982 al 2019 per le manutenzioni, solo 488.128 sono stati spesi nei vent’anni di gestione Benetton: l’1,99% del totale.
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