
Quattro anni senza Enrico Vaime: un omaggio al suo ironico e garbato modo di offrirsi

03/28/2025 05:25 AM
Credo sia doveroso ricordare Enrico Vaime, a quattro anni dalla sua morte. Un autore e sceneggiatore radiofonico e televisivo raffinato, ironico e garbato. In una lunga stagione, iniziata con gli anni Sessanta, nella quale tv e radio pubbliche producevano contenuti. Strizzavano l'occhio all'intrattenimento, ma perseverando nell'obiettivo di fornire elementi di riflessione, che Vaime non si è mai stancato di ricercare perché, a suo dire, era necessario farlo. Forse anche perché ha avuto in sorte di poter condividere idee e soggetti con autentiche autorità della sceneggiatura e della letteratura. Persone che con le parole avevano un rapporto intimo.
"Ho avuto dei maestri straordinari, che non avevano nessuna intenzione di fare i maestri, ma lo sono stati, da Marchesi a Flaiano, da Zavattini a Bianciardi: uomini coi quali ho lavorato e a cui ho dato la mia stima e la mia attenzione fino alla fine. Ho raccontato mille volte di loro: girano più o meno sempre gli stessi aneddoti", ha sostenuto nel 2012 in un'intervista. Aggiungendo come, "Certo oggi è tutto un po' infiacchito, si è tutto un po' sbrindellato, questo sì. Rimpiango i grandi polemisti, i grandi satirici, gli scrittori, cioè gente che sapeva guardare le cose cogliendone il lato grottesco e rivoltando un po' tutta la zuppa per arrivare ad una conclusione tutto considerato positiva".
Da Un ritmo dignitoso, radiocommedia trasmessa il 15 luglio 1962 fino a Black Out, talk show andato in onda dal 1979, passando per Batto quattro, varietà musicale andato in onda dal 1967 al 1976 e Quarto programma "cose così per cortesia" nel 1973. In tv, da Chi ti ha dato la patente? del 1967 a Ieri, oggi e … domani? del 1993, attraverso Canzonissima del 1968 e del 1969 e Di nuove tante scuse del 1975. Sempre, seppure nelle differenze del genere, l'impronta di Vaime è inconfondibile. In un alternarsi di profondità e di leggerezza nelle quali l'ironia abbonda. "È difficile aver fiducia in se stessi, conoscendosi a fondo". Ma anche, "In questo paese di ignoranti uno che riesce a distinguere un condizionale da un congiuntivo rischia di passare per intellettuale". Oltre a, "Informazione sì, educazione no. Chi è che stabilisce come si educa? Chi è il ministro dell’educazione televisiva? Può anche capitare un imbecille che rende tutti imbecilli". Senza dimenticare, "Sempre fedele a se stesso e alle proprie idee. Così morì da cretino". Sono tante le "frasi celebri" pronunciate da Vaime. Frasi che sono diventate aforismi. Insomma gemme preziose disseminate lungo un percorso nel quale è riuscito a descrivere le trasformazioni dei mezzi d'informazione, pur essendone parte.
"Non vedo grandi passi in avanti né dal punto di vista tecnico né da quello dei contenuti, mi sembra che il genere televisivo sia immobile, fermo a qualche anno fa", ha spiegato nel 2017 in un'intervista. Aggiungendo che "La tv ha scelto la via più facile, quella del fuilleton, del racconto popolare, non ‘altro’. Certo, ora c’è più scelta, ci sono più canali, ma trovo che la tecnica narrativa non si sia evoluta. Salvo forse un’evoluzione naturale che ha portato questo mezzo ad avvicinarsi al cinema attraverso le fiction, delle quali si è molto ampliata l’offerta. l talk show invece a mio parere hanno scarsospessore". La circostanza che nel tempo intercorso tra le sue affermazioni e l'attualità si sia verificato un evidente impoverimento dei contenuti non può dunque stupire. Si è continuato "a scegliere la via più facile". Che Vaime ha sempre scansato. Anche nella scrittura.
"Scrivere per me è un fatto naturale, come parlare, muovermi; non l’ho mai vissuto come un lavoro, anzi è un’attività che mi procura piacere e anche soddisfazione", ha detto dei suoi libri che ha scritto con la sua Olivetti Studio, dal momento che non ha mai posseduto un pc. "Sono una sorta di antitesi della tecnologia. Non sono andato oltre la lettura e la scrittura vecchio stile", ha spiegato.
Enrico Vaime ha professionalmente attraversato gli ultimi 40 anni del Novecento e i primi due decenni del secolo successivo con generosità. Mostrandosi al "pubblico" in maniera rispettosa. Consapevole del suo ruolo. Come accade sempre meno frequentemente. Non solo in tv e nella radio. Sfortunatamente.
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