Schiaparelli dà il via alla settimana dell'Alta Moda di Parigi: "Quanto in alto possiamo arrivare noi stilisti?". Daniel Rosberry porta in passerella
01/28/2025 02:53 AM
“Quanto in alto possiamo arrivare, noi couturier? Fino al sole e agli Dèi che ci permetteranno di salire?”. È con questa domanda, carica di ambizione e di un pizzico di consapevole timore, che Daniel Roseberry introduce la sua collezione Schiaparelli Haute Couture Primavera/Estate 2025, intitolata “Icarus“. Un nome che evoca il mito, il sogno del volo, ma anche il pericolo di avvicinarsi troppo al sole, di lasciarsi sedurre da quel senso di onnipotenza innato nel nostro ego. Una scintilla che ha infiammato anche il suo cuore, portandolo a distaccarsi dalla sperimentazione creativa delle precedenti collezioni per intraprendere una sorta di sfida con i grandi maestri del passato. Sono lontani, infatti, gli anni delle teste di leone e degli abiti-robot: Rosberry è ora completamente focalizzato sulla sartorialità e sulle tecniche alla base dell’haute couture, l’alta moda per eccellenza. E il “sole” a cui punta sono i couturier che hanno fatto la storia della moda: “Ho trascorso mesi studiando i grandi maestri di diverse epoche: Madame Grès, Charles Frederick Worth, Paul Poiret, Yves Saint Laurent e Azzedine Alaïa…”, ammette Roseberry. “Non per copiarli, ma per imparare da loro”, precisa, quasi a voler allontanare fin da subito l’ombra di un’eccessiva influenza sul suo lavoro. Eppure, chi troppo si immerge, così come Icaro che si avvicina al sole, rischia di perdere poi sé stesso, lasciandosi compenetrare dall’ebrezza del volo.
Nella suggestiva cornice del Petit Palais, sotto lo sguardo attento di Diego Della Valle, proprietario del marchio, e di osservatori d’eccezione come Sidney Toledano, Roseberry presenta una collezione che è un vero e proprio tuffo nella storia della moda. Niente star hollywoodiane in front row, tutte bloccate dagli incendi di Los Angeles, eccezion fatta per Kelly Rutherford, ma un parterre di clienti affezionate e celebrità come Carla Bruni, Inès de la Frassange e Marisa Berenson, pronte ad ammirare una sfilata scultorea, intrisa di citazioni e rimandi, da Balenciaga agli esordi della fondatrice Elsa Schiaparelli.
Un viaggio nel Tempo, tra nastri antichi e silhouette retrò
L’ispirazione nasce da un fortuito ritrovamento: antichi nastri degli anni ’20 e ’30, scovati in un negozio di antiquariato. “Burro, zafferano, verdi pavone sbiaditi e marroni che ricordano il pane tostato”, colori che diventano la tavolozza di un viaggio nel tempo e che lo stesso Roseberry definisce “toast” e “visone”. Il designer texano li utilizza per creare abiti scultore, dalle silhouette scolpite come suo solito, con fianchi esageratamente ondeggianti, quasi a rievocare il mare in cui Icaro, figura mitologica a cui la collezione è dedicata, precipitò. “Prima della guerra, molti di questi nastri venivano prodotti a Lione e distribuiti in tutto il mondo. Ma con l'occupazione tedesca della Francia, molti di essi furono nascosti, perdendosi per un po' nella storia“, racconta Roseberry, sottolineando il valore storico e simbolico di questi tessuti. Le silhouette “liquid deco” degli anni ’20 e ’30 prendono vita in georgette di seta ricamata di perline giapponesi, montata su corsetti in toile francese che scolpiscono fianchi affilati. Le giacche dalle spalle importanti della Schiaparelli prebellica vengono semplificate e allungate, abbinate a gonne a colonna minimaliste in raso doppio, tagliate in sbieco in stile anni ’90.
L’Arte del dettaglio
Ma è nei dettagli che si rivela la vera maestria di Roseberry e la sua spasmodica ricerca della perfezione, quel suo voler volare sempre più in alto nel mondo della moda. Il classico blazer Schiap viene realizzato in Ultrasuede e ricamato con fili di seta satinata. Le piume, immerse nella glicerina e spazzolate con la cheratina, acquistano una texture che ricorda i costumi di Ginger Rogers. “All'epoca, negli anni 1930, quell'effetto si otteneva con pelliccia di scimmia”, spiega il designer. Un abito baby doll con linea a trapezio viene abbassato sui fianchi, esageratamente imbottiti per bilanciare la linea del busto, e decorato con i simboli della maison (serratura, colomba, anatomia) in ricami tridimensionali e migliaia di gocce di quarzo fumé. “Ogni look è stato curato con la massima attenzione, come se fosse una piccola opera d'arte”, spiega Roseberry. Anche scarpe e borse sono trattate come gioielli, decorate con tecniche artigianali, dal cordoncino Matador alle rosette in resina.
Oltre la modernità
“Sono stanco di vedere la modernità associata sempre e solo alla semplicità: perché il nuovo non può essere anche elaborato, barocco, sontuoso?“, si chiede Roseberry. Una domanda retorica che trova risposta in questa collezione, un inno a quella tradizione sartoriale che affonda le sue radici indietro nei secoli, nei costumi del Seicento e nei corsetti togli-fiato dell’800. “La Haute Couture nasce dall'amore, certo. Ma c'è anche un senso del dovere“, riconosce il designer. Un dovere verso il pubblico, verso i clienti, verso la storia di una Maison leggendaria. E Roseberry, con questa collezione, dimostra ancora una volta di essere all’altezza del compito. La domanda iniziale, però, quella sul volo e sui limiti, resta sospesa. Forse, in questa collezione, Roseberry ha sfiorato il sole. Ma il suo volo, pur con qualche ombra, rimane un esempio di maestria e di passione per l’arte della Haute Couture. “La Haute Couture aspira a raggiungere vette straordinarie; promette una fuga dalla complessità del nostro tempo. E ci ricorda che la perfezione ha un prezzo“, conclude Roseberry, e forse il prezzo è proprio quello di non cadere nella mera imitazione, ma di trovare la propria, unica e inimitabile voce, senza bruciarsi le ali come Icaro.
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