Speleologa salvata, coinvolte 130 persone nei soccorsi: "È stato un intervento molto complesso"
Oggi alle 05:51 AM
Un’operazione complicata, per cui i soccorritori in campo o meglio in grotta sono stati tantissimi. “È stato un intervento molto complesso, è durato quattro giorni, e le persone coinvolte globalmente sono 130 persone. Avevamo sempre una squadra in grotta che lavorava sul ferito, in grotta ci sono i tecnici che si occupano della movimentazione della barella, squadre di 10-12 persone. Poi c’è sempre un medico e un infermiere sul paziente ferito e in questo caso dovevamo allargare dei passaggi stretti, nella parte vicino al punto in cui è successo l’incidente, e abbiamo coinvolto anche la disostruzione: sempre tecnici del Cnss formati nell'utilizzo di micro-cariche e altri dispositivi meccanici per aprire e allargare il passaggio della grotta”. Così i soccorritori del Soccorso alpino e speleologico in un punto stampa sull’operazione di salvataggio della speleologa Ottavia Piana, salvata dopo essere rimasta bloccata in una grotta nel bergamasco.
“Siamo sempre stati in contatto con il ferito, tramite un contatto telefonico – ha sottolineato uno dei rappresentanti del Soccorso alpino – in grotta le radio normali non funzionano, quindi come Cnss abbiamo sviluppato un sistema di comunicazione interno alla grotta e un sistema esterno che permette, dal campo base al punto dove si trova il ferito, un collegamento audio 24h su 24h e monitorare quindi lo stato del ferito. Una delle caratteristiche di questo intervento è stata la sinergia. Il Comune che ci ha supportato – hanno detto i soccorritori – con le sue strutture, grandissima disponibilità, la Protezione civile, gli abitanti veramente accoglienti”.
L'accelerazione nella risalita dalla grotta avvenuta nella tarda serata di ieri è perché “abbiamo fatto un pezzo di grotta che era conosciuto e non più ignoto come era prima, sicuramente più agevole e una tratta che avevamo già affrontato in passato e che quindi era stata attrezzata” ha spiegato Corrado Camerini, responsabile soccorso alpino e speleologico della Lombardia intervistato al campo base di Fonteno. “Non ultimo – aggiunge – il fatto che ci eravamo dedicati ad allargare e a smussare tutte le strettoie intanto che il recupero avveniva nella parte più interna”. Per quanto riguarda la gestione del salvataggio, “nella prima parte si è trattato di diagnosticare le lesioni e la parte emergenziale dell'incidente, man mano che si procedeva ci si è dovuti dedicare non solo a mantenere stabile Ottavia ma anche quello che si chiama ‘care’, cioè gli aspetti di alimentazione, toilette e bisogni di altro genere che sono legati alla lunga permanenza“.
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