Uccise a calci e pugni la madre dopo una lite, disposta la perizia psichiatrica per Ruben Andreoli

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“Non è possibile che io abbia commesso una cosa simile alla mamma. Mia madre è la persona più importante della mia vita”. Queste le parole pronunciate ieri, martedì 25 marzo, da Ruben Andreoli, l’ex magazziniere e pilota di rally accusato dell’omicidio volontario aggravato della madre 72enne Nerina Fontana, avvenuto il 15 settembre 2023 nella loro casa a Sirmione (Brescia). L’interrogatorio dell’imputato, durato oltre un’ora e mezza, si è svolto davanti al presidente della Corte d’assise di Brescia Roberto Spanò che, al termine della seduta, ha deciso di incaricare il professor Giacomo Filippini per una perizia psichiatrica. “Non mi riconosco in quello che ho fatto, non è possibile che io abbia commesso una cosa simile alla mamma, non so nemmeno come“, ha continuato a dire Andreoli, sostenendo l’assurdità delle sue azioni, “È assurdo. Non lo rifarei. Non è possibile fare una cosa così alla mamma, mi vergogno tanto”.

Azioni consistite, secondo l’accusa, in sequenze terribili di colpi a testa, volto, gambe e torace inferti sul corpo della povera donna ma di cui l’imputato non sembra ricordare nulla, “solo uno schiaffo, poi il buio“. All’epoca dei fatti, Andreoli, che viveva con la madre insieme alla moglie, era stato ritrovato dagli agenti immobile seduto sul divano, con “scarpe, calze e pantaloni sporchi di sangue”. Una testimone dichiarò: “Ho visto Ruben che saltava sulla testa della madre. Gli ho urlato di smettere, ma non c’è stato nulla da fare. Sembrava che non mi sentisse”. L’uomo però non oppose resistenza all’ex poliziotto che per primo irruppe in casa prendendo Andreoli per le spalle e allontanandolo dalla donna: “Non ha fatto resistenza”, aveva dichiarato l’agente.

Il giorno successivo Andreoli si dichiarò colpevole dell’omicidio davanti al pubblico ministero Ettore Tisano, motivo per cui la procura di Brescia ne chiese immediato giudizio. Durante gli interrogatori che avevano preceduto il processo di settembre scorso, l’imputato aveva detto al pm Tisano “solo uno schiaffo, poi il buio”, escludendo il movente economico e il fatto che volesse trasferirsi con la moglie in Ucraina. “Negli ultimi dieci giorni nemmeno ci parlavamo, lei non voleva venire più a pranzo con noi”, aveva detto Andreoli descrivendo la vicenda e aggiungendo come la madre avesse nominato il figlio che lui e la moglie avevano perso nel 2018. “Ci diceva che non saremmo mai stati in grado di occuparcene da soli. Ho perso la testa e ho cominciato a colpirla”.

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