Attacchi hacker al ministero della Giustizia: ammette gli "accessi abusivi" ma sottolinea la fragilità dei sistemi informatici

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“Abbiamo ottenuto risultati importanti. Ci sono milioni di file audio e video, milioni di documenti e quindi l'indagine sarà lunga“. Non saranno brevi i tempi dell'indagine sull’hackerCarmelo Miano, arrestato dalla Polizia Postale con l'accusa di aver violato i server del ministero della Giustizia e di altre importanti aziende italiane. Lo ha confermato il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, il cui ufficio inquirente ha coordinato le operazioni che hanno portato all'arresto dell'uomo.

Nelle ultime ore, durante l’interrogatorio di garanzia, l’hacker avrebbe ammesso gli accessi abusivi da solo, senza mandato di alcuno e senza, a suo giudizio, provocare alcun danno. Un'attività la sua che, come tiene a precisare il legale che lo difende, Gioacchino Genchi, avrebbe messo in evidenza la fragilità dei sistemi informatici violati. È attesa ora la decisione del gip.

Cos’era successo .- I fatti risalgono allo scorso 2 ottobre. Il pirata informatico di 24 anni è stato arrestato con l'accusa di aver violato più volte i sistemi informatici del ministero della Giustizia e di altri importanti società (tra cui Guardia di Finanza, Tim e Telespazio). Miano era stato accusato di essere riuscito ad acquisire anche fascicoli di indagine coperti da segreto investigativo.

I reati contestati sono accesso abusivo aggravato alla struttura dello Stato e diffusione di malware e programmi software, in concorso con ignoti, aggravati a luglio ed equiparati a reati di mafia e terrorismo. L'hacker aveva almeno 5 identità di copertura con le quali riusciva a violare i sistemi per reperire password e accessi che gli avrebbero permesso di scaricare e consultare migliaia di file, tra informative e atti di indagini, coperti da segreto istruttorio.

Gratteri lo aveva definito un “mago” – Miano sarebbe stato abilissimo nel suo lavoro, un “mago” lo aveva definito proprio Gratteri nel corso della conferenza stampa successiva al suo arresto, ed era anche riuscito a guadagnare, dal suo appartamento alla Garbatella a Roma, diversi milioni di euro sul mercato delle criptovalute. Tra il lavoro effettuato dagli investigatori anche la verifica di eventuali contatti con presunti esponenti dei servizi.

Il legale ha presentato un'istanza al Riesame di Napoli per chiedere l'attenuazione della misura cautelare del carcere. Nella richiesta depositata dal legale viene sottolineata l’insussistenza del pericolo di fuga, del rischio di inquinamento delle prove e della possibilità di reiterare i reati contestati, che sono accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e diffusione di malware e programmi software, commessi in concorso.

Nel corso dell’interrogatorio, Miano ha ammesso di avere consultato le mail di diversi magistrati tra Napoli, Roma, Gela e Brescia. E inoltre, secondo quanto riferito da organi di stampa, avrebbe usato la password di un pm per accedere a materiale investigativo: grazie agli account privilegiati che aveva poteva probabilmente entrare nei data-base utenti e carpire user e password. Dagli atti d'indagine emerge anche che Miano si sarebbe collegato a un portale russo dove è possibile la compravendita di dati sensibili come, per esempio password e dati bancari.

Sul giovane hacker pende a Gela un procedimento per riciclaggio, dal 2021: la procura della Repubblica, su istanza del legale, ha restituito a Miano tutte le copie forensi degli hard disk che gli erano stati sequestrati all'epoca dalla Guardia di Finanza, attraverso un provvedimento del pubblico ministero titolare del fascicolo.

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