'Hanno rapito mio fratello per punire me': la denuncia dell'attivista che svelò la presenza di al-Kikli in Italia

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Il 21 marzo aveva denunciato la presenza in Italia del presunto torturatore libico Abdel Ghani al-Kikli, dopo il caso del rimpatrio di Njeem Osama Al Masry. Mercoledì, appena cinque giorni dopo, Husam El Gomati, attivista libico da tempo rifugiato in Svezia e intervistato nei giorni scorsi anche dal Fatto Quotidiano, ha denunciato che suo fratello Mohamed, ancora in Libia, “è stato rapito da uomini non identificati che hanno fatto irruzione nella sua casa di Tajoura lunedì e lo hanno portato via. Non posso non pensare che sia una ritorsione per la mia attività politica".

A riportare la notizia è Repubblica che ha parlato con l’uomo, da tempo sotto la lente dei servizi segreti e tra gli spiati con Paragon per le sue denunce su corruzione e malaffare nel Paese d’origine, facendosi raccontare l’accaduto. "È inevitabile pensare che sia una ritorsione – sostiene l’attivista – Mohamed è un ingegnere petrolifero, peraltro da più di un anno è a casa perché sta male. È una persona pacifica, non ha nulla a che fare con la politica. Con lui, come con tutta la mia famiglia, non ho contatti da anni proprio per evitare di coinvolgerli nella mia battaglia".

Questo non è bastato, stando almeno alla sua testimonianza, a impedire a un gruppo di uomini, non è chiaro se appartenenti a qualche milizia o a forze regolari, di fare irruzione nella sua abitazione e portarlo via facendo perdere ogni traccia. Da quanto l’attivista ha potuto verificare, il fratello non risulta in carcere in nessuna struttura ufficiale: "Non risulta essere detenuto o in fermo da nessuna parte, quindi è chiaramente un rapimento. Non sappiamo se è vivo o morto. Deve prendere le sue medicine, dobbiamo trovarlo".

Dopo la denuncia, la prassi vuole che venga aperta un'indagine ufficiale, ma è difficile, sostiene El Gomati, che venga condotta in maniera esaustiva. Sembra invece sapere chi può esserci dietro al presunto rapimento del fratello: "Ci sono poche persone a Tripoli che hanno il potere di fare una cosa del genere senza subire conseguenze. Non è successo solo a mio fratello, ma a molte persone che per paura preferiscono tacere. Io invece non ho intenzione di stare zitto. Evidentemente non mi conoscono. Chi pensa di intimidirmi o indebolirmi in questo modo, non ha capito nulla. Aumenta solo la mia determinazione".

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