Il wheelchair tennis alle Atp Finals: così la racchetta diventa inclusione. "Stiamo testimoniando che giocare insieme si può"
Oggi alle 12:11 PM
Il tennis è di tutti e per tutti. Lo sport che in Italia sta conoscendo un boom di popolarità grazie a JannikSinner, può diventare anche un importante veicolo di inclusività. Lo dimostrano gli scambi andati in scena venerdì pomeriggio durante le Nitto Atp Finals, nel campo di allenamento all’interno dell’Inalpi Arena. Intesa Sanpaolo e la Federazione Italiana Tennis e Padel (Fitp) hanno organizzato un'esibizione di wheelchairtennis e una prova di questo sport per il pubblico. Una dimostrazione pratica di come tutti possano avvicinarsi al tennis e la racchetta possa diventare un mezzo di inclusione.
Il tennis in carrozzina in Italia esiste da oltre 30 anni: si può praticare su qualsiasi superficie e può consentire anche a un atleta normodotato di giocare contro un tennista in carrozzina. L’unica regola diversa sono i due rimbalzi consentiti. Per il resto non ci sono limiti e barriere, come ha avuto modo di provare il pubblico presente nel Foyer dell'Inalpi Arena. Che tra l’altro ha assistito a scambi di altissimolivello. Hanno partecipato Luca Paiardi, (numero 1 della classifica race nazionale categoria maschile), Hegor Di Gioia (numero 1 della classifica race nazionale categoria quad), MariaVietti (numero 9 della classifica race nazionale categoria femminile), LorenzoPolitanò e AndreaRoccamo (numeri 1 e 2 della classifica italiana juniores).
"Condividiamo l'idea che lo sport sia un benecomune, un patrimonio collettivo da proteggere, condividere e da raccontare attraverso un universo di storie ed esperienze, è innovazione e sostenibilità, ma soprattutto inclusione e partecipazione. Per questo diamo il nostro supporto a numerosi eventi sportivi sui territori, alimentando così un circuito virtuoso a beneficio delle comunità", spiega ClaudiaVassena, Executive Director Sales & Marketing Digital Retail di Intesa Sanpaolo. In questa cornice si colloca l'iniziativa di "Tennis inclusivo": un'esperienza per sensibilizzare l'inclusione sociale.
“Sono contento ed emozionato di aver partecipato a questa iniziativa, di fronte al pubblico delle Atp Finals”, racconta a ilfattoquotidiano.it Hegor Di Gioia. ” Di solito siamo noi che andiamo nelle scuole a cercare qualche atleta, quindi giornate come questa sono moltoimportanti, perché magari uno viene a vedere e gli viene voglia di provare“. Un aspetto evidenziato anche da Maria Vietti: “Purtroppo in Italia siamo ancora molto indietro da questo punto di vista. C’è una difficoltà di accesso alle strutture, c’è poca informazione. Quindi pochi contatti per iniziare. C’è tutto un discorso di avviamento allosport che deve essere migliorato”.
Alla Inalpi Arena i professionisti di wheelchairtennis hanno palleggiato anche con Federica Gardella e Davide Aschieri, tennisti professionisti Fitp, ma c’è anche chi ha provato per la prima volta il tennis in carrozzina. Un modo per capire anche le differenze tra le due discipline: “Abbiamo un ingombro da gestire”, dice Hegor Di Gioia indicando la sua carrozzina, “trovare il tempo giusto sulla pallina è molto più difficile”. Di Gioia sottolinea anche come nel wheelchair tennis il servizio non sia così determinante: “Chi risponde anzi è più agevolato“. Uno dei motivi è la difficoltà a muoversi dopo la battuta, mentre chi risponde è già in movimento. “Sicuramente la cosa più complicata è il fatto che non ho più uno strumento da gestire. Adesso ne ho due, la racchetta e la carrozzina, che ha una vita propria”, spiega Maria Vietti, che è in carrozzina da due anni.
Già giocava a tennis: “Prima che mi accadesse quello che mi è accaduto seguivo il tennis in carrozzina come fisioterapista, quindi questo mondo già lo conoscevo sotto un’altra ottica. E ho sempre pensato che lo sport sia in generale la vera cura, la vera riabilitazione di una persona che subisce un cambiamento di vita radicale. Per me è molto importante che qui oggi stiamo testimoniando il fatto che si può giocare e soprattutto che possono giocare persone con vari tipi di disabilità. Per me è molto importante che se ne parli e che si parli sempre di più di integrazione”.
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