L'Autorità palestinese sospende Al Jazeera nei Territori occupati: "Fomenta instabilità". L'emittente: "Stessa linea di Israele"
01/02/2025 07:23 AM
L’emittente Al Jazeera ancora nel mirino della censura. Dopo la chiusura imposta dal governo israeliano a maggio, nel primo giorno del 2025 l'Autorità nazionale palestinese, che formalmente governa alcune zone della Cisgiordania, ha deciso di sospendere le trasmissioni e tutte le attività del canale del Qatar nei Territori occupati. “Il provvedimento preso da un comitato interministeriale – riferisce l’agenzia palestinese Wafa – rimarrà in vigore finché Al Jazeera non risolverà il suo status legale, ritenuto in violazione delle leggi e dei regolamenti in Palestina”. L’emittente è accusata di trasmettere “contenuti incitanti e ingannevoli, diffondere disinformazione e interferire negli affari interni”, fomentando in questo modo “divisione e instabilità“.
Dall’altra parte, il canale ha accusato l’Anp di agire in continuità con quanto fatto da Israele, di creare un clima ostile ai suoi giornalisti e ha chiesto di annullare al più presto la sanzione per permettere ai propri reporter di lavorare senza minacce o intimidazioni. “Al Jazeera Media Network – si legge in una dichiarazione diffusa sul sito dell’emittente – considera questa decisione nient’altro che un tentativo di dissuadere il canale dal coprire gli eventi che si stanno verificando nei Territori occupati. E sfortunatamente una tale decisione è in linea con la precedente azione intrapresa dal governo israeliano, che ha chiuso l’ufficio di Al Jazeera a Ramallah“.
Per comprendere cosa c’è dietro la sospensione di Al Jazeera bisogna tornare indietro all’inizio di dicembre 2024. In quei giorni infatti l’Anp ha dato il via a un’operazione definita Proteggi la patria, per colpire e indebolire i gruppi combattenti legati allo Jihad islamico e Hamas, e mostrare a Tel Aviv e alla Casa Bianca (in vista dell’insediamento di Trump) di poter ristabilire il proprio controllo nelle zone dove sono più attivi i miliziani. Si è riacceso così il conflitto tra fazioni palestinesi che va avanti da quasi 20 anni e che non si è mai definitivamente chiuso. Le forze di sicurezza dell’Anp hanno attuato una serie raid e incursioni nella città di Jenin, città settentrionale roccaforte della resistenza armata, con uno stile simile a quello adottato dall’esercito israeliano. Accompagnando le azioni dalla sospensione dell’acqua, dell’elettricità e delle attività scolastiche, e isolando il campo profughi con mezzi militari che ne hanno bloccato uscite ed entrate. Ne sono nati intensi scontri a fuoco andati avanti per giorni, almeno 11 persone sono state uccise e altre 50 sono state arrestate. Tra le vittime (la notizia è stata data proprio dai cronisti di Al Jazeera) anche Yazid Ja'ayseh, comandante delle Brigate Jenin. Secondo l’Anp, anche cinque agenti hanno perso la vita. Sono inoltre diverse le denunce di abusi e violenze da parte delle forze di sicurezza anche sui civili.
In questo contesto si inserisce l’uccisione della 21enne Shatha al-Sabbagh, giornalista palestinese studentessa dell’Al-Quds Open University e sorella di un affiliato di Hamas. La ragazza è stata colpita da un proiettile alla testa sabato 28 dicembre, durante una sparatoria, ed è morta prima dell’arrivo dei soccorsi. In una dichiarazione su Telegram, la famiglia ha accusato le forze dell’Anp “di essere pienamente responsabili di questo crimine atroce”. L’omicidio, si legge ancora, “è la prova lampante della pericolosa deviazione dell'apparato di sicurezza dell'Autorità, che ora punta le sue armi contro il suo popolo invece di affrontare la brutale occupazione”. Il portavoce delle forze di sicurezza palestinesi, Anwar Rajab, ha respinto le accuse, sostenendo che, sulla base di immagini e testimonianze, gli agenti non si trovavano sul posto al momento della morte di Sabbagh. Si tratta, ha detto, di “un crimine atroce commesso da individui senza legge che hanno sparato indiscriminatamente”.
Gli scontri dell’ultimo mese sono stati raccontati e approfonditi da Al Jazeera, che ora collega lo stop ordinato dall’Anp direttamente alla sua copertura degli eventi e alle critiche che i suoi giornalisti hanno fatto all’operazione. “L'Autorità Palestinese aveva già vietato ad Al Jazeera di fare le cronache da Jenin il 24 dicembre e questo a causa della copertura degli attacchi ai combattenti della resistenza nella Cisgiordania occupata”, che si sono “intensificati nelle ultime quattro settimane”. Ma, sottolinea l’emittente, “questa decisione non la distoglierà dal suo impegno a continuare il lavoro in Cisgiordania”.
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